Villa Ponam, «luogo del cuore»

Rieti, si sa, è una fucina di tesori ancora inesplorati. La natura è stata indubbiamente generosa, ma anche l’uomo ha saputo arricchire il territorio; d’altronde l’arte ha diverse manifestazioni e l’architettura, non importa se pubblica o privata, è una di queste.

Il problema sorge nel momento in cui all’uomo fautore di opere urbanistiche, degne di essere definite «artistiche», subentra l’uomo seguace del degrado e dell’incuria, quando cioè all’impegno concreto di valorizzare l’aspetto generale della città o della provincia, l’inerzia fa sì che esse vengano abbandonate a se stesse nell’indifferenza più totale.

Tanti, purtroppo, potrebbero essere gli esempi in grado di avallare questa triste condizione, ma una considerazione speciale merita il caso di Villa Ponam. La villa, situata nelle colline che sovrastano Case San Benedetto, frazione a due chilometri da Rieti, è la dimostrazione evidente dell’incapacità tutta italiana di tenersi stretti i gioielli che l’uomo del passato ha donato a quello del futuro.

Costruita nel 1700 come abitazione privata, in perfetto stile tardo barocco, alla morte senza eredi del signore Ponam la villa subì alterne vicissitudini, fino a giungere ad oggi, di proprietà pubblica (ASL Rieti), ma in uno stato di totale abbandono. Il FAI (fondo ambiente italiano), carpendo il valore e il potenziale della villa aristocratica, ha sposato la causa, proponendo l’apertura al pubblico, in occasione della giornata Fai di primavera, e portando così a conoscenza di uno dei più begli esempi di architettura privata barocca del Lazio, e dunque dichiarato all’unisono come un bene di matrice culturale.

E forse, proprio l’aggettivo «culturale» ha impedito finora la concreta possibilità di un intervento che potesse in qualche modo riqualificare la villa, dal momento che l’Italia è un Paese dove la cultura è relegata sempre più ai margini della società civile.

Eppure, quanto di meravigliosamente importante si potrebbe fare all’interno di una cornice del genere, con gli affreschi, le colonne con capitelli eclettici e i putti che festosamente reggono ghirlande sospese; quanto di utile si potrebbe costruire immersi nel giardino all’italiana, all’ombra di piante secolari che da 300 anni testimoniano la grandezza del passato, la forza della natura e l’abulia dell’uomo moderno.

Un centro di specializzazione che porrebbe Rieti all’avanguardia medica; oppure il luogo dove poter approfondire gli studi sull’acqua, patrimonio reatino; oppure un museo; oppure un centro riabilitativo; insomma, le idee da sviluppare sarebbero molteplici, quel che manca è, come in tutte le cose, la volontà. Senza volontà non ci sono proposte e senza proposte non ci sono fondi economici, necessari per la ristrutturazione.

Villa Ponam è finora un monumento dimenticato da enti ed istituzioni; con l’auspicio che non sia «un luogo del cuore» solo per il Fai, ma la dimostrazione sincera ed autentica che in Italia l’arte e la cultura sono ancora al primo posto, e con l’augurio che Villa Ponam possa al più presto risorgere dalle proprie ceneri, e torni all’antico splendore. Come merita.