Un ricordo di Andrea Milardi: così nacque il Trofeo Don Bosco

«Pronto, casa Milardi? Cerco il professor Andrea». Ha inizio così la mia amicizia con Andrea, una domenica mattina di gennaio del 1998. Lo cercavo perché il mio parroco di allora, don Mario Laureti a Villa Reatina, ebbe la bella idea di festeggiare il Santo Patrono con una manifestazione sportiva per i giovani del quartiere. E chi meglio di lui poteva realizzare questo desiderio?

Dopo un’ora Andrea era con me a visionare il campo vicino al PalaSojurner. Ha inizio così il Trofeo Don Bosco, manifestazione sportiva campestre dedicata agli studenti della scuola dell’obbligo.

Quante emozioni, quanta adrenalina, quanta gioa nel vedere che ogni anno le iscrizioni crescevano, fino a superare il traguardo dei mille, per poi ancora superarlo nel corso degli anni. Andrea, da buon padre, decise di portare la manifestazione dagli scomodi campi del palazzetto, al camposcuola “Guidobaldi”, perché il suo primo pensiero era la sicurezza dei ragazzi, soprattutto delle elementari, che nel loro sfrecciare travolgevano tutto e tutti.

Durante le gare, ci guardavamo con Andrea e nei nostri occhi traspariva la gioia di dare, alla nostra gioventù, un momento di sano e salutare sfogo di vita. Ci riempivamo dello spettacolo dei tanti bambini e ragazzi che vociando e in allegria riempivano prima gli spalti del camposcuola e poi, quasi disciplinatamente, prendevano il loro posto per le gare.

E c’era sempre un bicchiere di tè caldo e tanta assistenza quando sfiancati tornavano alle loro postazioni. Andrea con il microfono dirigeva tutto; non sapevi mai dove fosse esattamente perché sfrecciava in tutto il camposcuola, ma la sua energia traspariva dalla voce piena di amore per quello che faceva.

Era quasi sempre, non «dietro le quinte», ma «dentro le quinte» di quello che insieme definivamo, di fronte alla marea dei ragazzi, il più grande spettacolo del mondo.

Il suo carattere schivo e concreto, e soprattutto la sua umiltà, mi hanno insegnato tanto. Alle premiazioni ufficiali del trofeo, bisognava quasi tirarlo per la giacca, perché lui si sentiva già appagato dalla cosa bella realizzata e già correva al traguardo dell’edizione successiva.

Maestro di vita a cui intere generazioni di reatini devono tanto, è stato il profeta di quella panacea per tutti i mali che possono affliggere la nostra gioventù: una pratica dello sport sano che allontana i tanti pericoli.

Ti ringrazio Andrea della tua amicizia, ti ringrazio come reatino e come genitore. Ti ringrazio perché hai donato la tua intera vita agli altri, senza chiedere mai niente, appagato solo della gioia che la tua energia positiva, sapeva trasmettere. Ti ringrazio della tua testimonianza di vita: quando al mattino apri gli occhi, sai che c’è qualcuno che passerà quella giornata facendo qualcosa di buono per gli altri e quel qualcuno eri tu. Sono sicuro che nell’angolo di paradiso che ti è riservato, riuscirai a far correre anche gli Angeli.