Coronavirus

Un farmaco anti-artrite abbatte la mortalità e riduce le degenze

Studio dell'ospedale San Raffaele di Milano pubblicato sulla rivista Lancet Rheumatology: «Siamo i primi al mondo a dimostrare l'efficacia dell'anticorpo monoclonale Mavrilimumab»

Nessun decesso: nel gruppo di pazienti Covid-19 affetti da polmonite e iper-infiammazione sistemica, ai quali è stato somministrato l’anticorpo monoclonale mavrilimumab (un farmaco immuno-soppressivo in sperimentazione contro l’artrite a cellule giganti), non solo non sono stati registrati morti ma è risultato di molto accelerato il percorso verso la guarigione. È, questo, uno dei frutti del maxi studio osservazionale su Covid-19 che, in marzo, quando il virus imperversava mietendo vittime soprattutto in Lombardia, l’Ospedale San Raffaele di Milano avviò per comprendere la variabilità della gravità dei casi e la risposta dei pazienti critici ai farmaci già disponibili ma spesso utilizzati per altre patologie.

A circa tre mesi dall’avvio di quella ricerca – promossa, all’epoca, dal direttore dell’unità di Anestesia e rianimazione generale e cardio-toraco-vascolare, Alberto Zangrillo, dal direttore del centro di ricerca in Anestesia e terapia intensiva della stessa unità, Giovanni Landoni, e dal vice direttore scientifico per la Ricerca clinica del nosocomio milanese, Fabio Ciceri -, i risultati stanno fornendo una serie di informazioni cliniche e biologiche ora all’attenzione della comunità scientifica internazionale.

L’ultima, in ordine di tempo, investe dunque il ruolo di mavrilimumab: pochi pazienti al momento ma la ricerca, condotta dal reumatologo Giacomo De Luca, e coordinata da Lorenzo Dagna, docente dell’Università Vita-Salute San Raffaele e primario dell’unità di Immunologia, reumatologia, allergologia e malattie rare, è significativa ed è stata pubblicata su Lancet Rheumatology.

La sperimentazione è stata condotta su 39 pazienti (età media 57 anni) ricoverati al San Raffaele tra marzo e aprile. 13 sono stati trattati con una singola dose di mavrilimumab, in aggiunta alla terapia antivirale standard per Covid-19; gli altri 26 hanno costituito un gruppo di controllo e hanno ricevuto solo la terapia standard. I risultati dello studio, spiegano dall’ospedale «sono molto incoraggianti: nei pazienti trattati con mavrilimumab, dopo 28 giorni si è registrato un miglioramento clinico nel 100% dei casi, rispetto al 65% del gruppo di controllo. Un solo paziente ha avuto necessità (solo momentanea) di ventilazione meccanica», rispetto al 35% di quelli del gruppo di controllo. Ma soprattutto «non si è registrato nessun decesso tra le persone con mavrilimumab, mentre nel gruppo di controllo il 27% dei malati non è sopravvissuto».

«Abbiamo dimesso i pazienti con mavrilimumab, 10 giorni prima rispetto al gruppo di controllo. Lo studio dimostra ancora una volta che la componente infiammatoria di Covid-19 gioca un ruolo fondamentale nelle forme gravi della malattia. Agire precocemente può fare la differenza», dice De Luca. Oggi, aggiunge Dagna, «siamo i primi al mondo a dimostrare che si tratta di una strategia sicura ed efficace. Ma sono risultati da confermare in studi più ampi». Per questo, il San Raffaele ha già avviato, con gli altri Irccs del Gruppo San Donato (che ha curato 6.000 persone Covid in questi mesi), uno studio in una popolazione più ampia.

da Avvenire