La testimonianza drammatica, dal fronte, del padre gesuita Andriy Zelinskyy, cappellano della Chiesa greco-cattolica nelle Forze armate di Kiev. Per le Nazioni Unite almeno 285mila persone sono state costrette ad abbandonare le proprie case. Stime comunque considerate basse. Più credibile la cifra fornita da Mosca: 730mila ucraini emigrati nella sola Russia da inizio anno.
La minaccia che incombe sull’Ucraina si chiama “Grad”, una micidiale arma che in 30/40 secondi distrugge quello che trova all’orizzonte e brucia tutto. Il racconto del padre gesuita Andriy Zelinskyy, cappellano militare presso le forze armate di Kiev della Chiesa greco-cattolica – è drammatico. Sul fronte lui c’è stato: vive periodicamente fianco a fianco con i militari di Kiev e quotidianamente va a trovare in ospedale i ragazzi feriti, raccogliendo i loro racconti e i loro choc.
Il nome tecnico dell’arma è il BM-21, più conosciuto come “Grad” o in inglese “Multiple Rocket Launcher”: è un lanciarazzi a 40 canne che viene montato al di sopra di un qualunque autocarro a sei ruote motrici. Utilizzato per la prima volta dalle forze sovietiche nel 1961, ha un raggio d’azione di 20,5 km ed è capace di sparare 790 kg di testate in meno di trenta secondi. “La tensione è altissima quando ti sparano addosso così 4, 5 volte al giorno e l’unica alternativa di sopravvivenza – dice Andriy Zelinskyy – è nascondersi sotto terra. Il problema è che la zona è talmente distrutta dal fuoco e non c’è più alcun punto dietro al quale proteggersi. La cosa più drammatica in questa situazione è che i nostri soldati non possono neanche rispondere al fuoco con il fuoco perché la Russia non aspetta altro, non aspetta che un pretesto”. Il sacerdote gesuita parla di video postati sui cellulari, sui social network e su youtube che attestano la veridicità delle notizie circa i bombardamenti lanciati dal confine russo. Non ha dubbi sul fatto che in Ucraina questo tipo di armi possono arrivare solo direttamente dal confine russo, “nonostante la Russia persista nel negare tutto – aggiunge il sacerdote – e continui a presentare il conflitto in Ucraina come guerra civile e non come l’attacco di uno Stato contro un altro Stato”. La stessa Nato ha ricordato che la Russia in questo momento ha circa 20mila militari al confine con l’Ucraina, e il numero dei soldati russi nella zona è aumentato nell’ultima settimana di circa 8mila unità. Ma districarsi nei campi di combattimento è impresa difficile se non impossibile. E’ di poche ora fa per esempio la denuncia dell’osservatorio internazionale sulla tutela dei diritti umani, Human Right Watch, secondo cui sarebbero i soldati di Kiev ad aver sparato i missili “Grad” contro centri abitati violando il diritto internazionale.
La guerra qui in Ucraina (ma non solo) si gioca soprattutto con l’informazione e la propaganda. E nel frattempo sono i civili a pagarne il prezzo più alto. Hanno finora perso la vita più di 1.100 persone (senza contare le 298 vittime dell’abbattimento di un Boeing in volo da Amsterdam a Kuala Lumpur il 17 luglio). Le Nazioni Unite fanno sapere che almeno 285mila persone sono state costrette ad abbandonare le proprie case: 117mila sono fuggite in altre regioni dell’Ucraina e 168mila in Russia. Stime considerate ‘basse’ dalle Nazioni Unite: secondo l’Onu per esempio pare più “credibile” la cifra fornita da Mosca di 730mila ucraini emigrati in Russia da inizio anno, anche se non tutti sono da considerare rifugiati.
Guerra dimenticata, che si sta consumando nel cuore dell’Europa. La situazione diventa di giorno in giorno sempre più grave. In queste ore per esempio sono in corso violenti scontri tra l’esercito ucraino e i separatisti filorussi a Donetsk, nell’est dell’Ucraina. Secondo le autorità locali le violenze, avvenute nel quartiere di Petrovsky, hanno causato la morte di alcuni civili e i testimoni hanno detto di aver sentito spari e forti esplosioni. “L’Europa – sentenzia padre Zelinskyy – non fa che esprimere la sua preoccupazione ma le sue potenti economie sono unite da rapporti di dipendenza molto forte con la Russia. Putin in questo senso è stato molto abile a legare a sé l’Europa grazie al gas e all’olio”. Anche le nuove sanzioni volute dall’Unione europea nei confronti della Russia – in vigore dal primo agosto – “rappresentano un piccolo passo. Ma i piccoli passi non spaventeranno Putin e non lo fermeranno certamente”. Nella grande impasse di questa guerra, il sacerdote gesuita ha deciso di rivolversi personalmente al “soldato russo” impegnato in frontiera, scrivendogli una lettera: “Gli ho ricordato i nostri nomi che sono nomi russi. Gli ho ricordato che ascoltiamo le stesse canzoni, che vediamo gli stessi film e parliamo la stessa lingua. Il tempo passerà e questa guerra con i suoi morti e la sua falsa propaganda finirà. E alla fine capirà che non ha sparato ad un nemico ma al suo fratello”.