Per rispetto di chi fa fatica, vanno ridimensionati i compensi delle star
Moralisti con la pancia piena. Il destino delle star tv (dirigenti, attori e giornalisti) è segnato ma non se ne sono ancora accorti. La Rai, alla fine, ha rinunciato all’idea dello sciopero. Di fronte ad un Paese in forte recessione e con una disoccupazione da record, la manifestazione con i Suv o con le berline ultralusso dei dirigenti della tv pubblica avrebbe fatto scalpore.
Il denaro, in Italia, viaggia su due binari. Da una parte ci sono le famiglie che faticano e tirano la cinghia. Dall’altra ci sono le tangenti milionarie dei ladri e dei malfattori della pubblica amministrazione. Due universi che non riescono a comunicare. Come si fa a spiegare ad una famiglia monoreddito che guadagna poco più di ventimila euro in dodici mesi, che per i tangentari della Laguna, gli “stipendi” (si fa per dire) erano di un milione all’anno.
Il mondo delle star televisive non sembra aver capito cosa sta succedendo nel paese. Hanno compensi milionari ma, quando si accendono le telecamere, diventano moralisti, applaudono gli sforzi di sobrietà del Papa e (senza sprezzo del ridicolo) se la prendono con i tangentari; nel frattempo vanno al lavoro con l’autista, vivono in attici da miliardari nel centro storico di Roma e scelgono per le vacanze le località più esotiche e care del mondo. Il caso di Floris (Ballarò, RaiTre) è esemplare.
Per anni, dal piccolo schermo, ha puntato il proprio dito accusatore contro una parte della classe politica e ha costruito la fortuna mediatica di un nuovo comico moralista dello schermo (Crozza, un altro tangentaro dell’audience). Quando però il suo contratto milionario è stato messo in discussione, ha inscenato la farsa di un battibecco con il presidente del consiglio sul tema dei tagli alla Rai. Ha parlato di minaccia alla democrazia. Esagerato!
Una farsa. Uno scandalo. Le cose dovranno necessariamente cambiare, anche in tv. Le associazioni di base protestano da anni. L’Aiart, l’Associazione Utenti Radiotelevisivi, il Codacons, per citarne solo alcune, hanno ingaggiato una battaglia coraggiosa contro i compensi delle star tv. Fosse solo per renderli pubblici. Il primo scandalo (e segno della cattiva coscienza) è infatti che i compensi sono secretati.
A nulla sono valse le proteste, per il momento. Della Rai, per esempio, si sa che ci sono un certo numero di dirigenti e giornalisti che percepiscono somme ben al di sopra dello stipendio del Presidente della Repubblica, ma i loro nomi non sono stati resi pubblici. Si tratta veramente del primo scandalo al quale mettere riparo. Il dato evidente è che si vergognano di quanto guadagnano.
Mettere in piazze nomi e cifre, potrebbe essere il primo passo per un ridimensionamento del sistema. Prandelli, il ct della Nazionale, è stato accusato di percepire uno stipendio di circa un milione e mezzo di euro. Un giornalista gli ha chiesto se sarebbe disposto a fare un sacrificio. Prandelli ha sorriso. “Non sono sacrifici per uno che guadagna così tanti soldi”, ha detto in uno sforzo lodevole di umiltà. Si tratta del secondo scandalo al quale mettere fine. I moralizzatori dello schermo, dovrebbero infatti accettare finalmente l’idea di ridursi i compensi.
Delle due l’una. Non si può parlare del ruolo che la televisione svolge per il processo di democratizzazione del paese se poi l’universo degli stipendi in televisione rappresenta una sorta di incomprensibile torre d’avorio dei privilegi.
Si tratta di una divisione senza senso. Il paese ha bisogno dello sforzo di tutti per uscire dalla crisi. “Il peso dei compensi della tv, infatti, ha un’influenza economica reale sulla bilancia dei pagamenti nazionale. I loro guadagni, in ultima analisi, sono pagati dall’aumento dei prodotti sui banchi del supermercato”, spiega un economista.
Alcuni anni fa, negli Usa, una ragazza, appena laureata in biologia, per mantenersi durante le vacanze, aveva accettato di insegnare inglese ai turisti stranieri. “Non voglio il sussidio di disoccupazione. Il paese ha bisogno dello sforzo di tutti noi. In attesa di trovare il lavoro che amo e per il quale ho studiato, non voglio pesare sulla cassa dello Stato”, diceva a chi glielo chiedeva. Una lezione morale da sbattere sul muso di dirigenti, giornalisti e star della tv.
“A livello globale vediamo la scandalosa distanza tra il lusso dei più ricchi e la miseria dei più poveri. In questo mondo, i media possono aiutare a farci sentire più prossimi gli uni agli altri; a farci percepire un rinnovato senso di unità della famiglia umana che spinge alla solidarietà e all’impegno serio per una vita più dignitosa”, ha detto il Papa nel suo messaggio per la XVIII Giornata mondiale della comunicazione sociale.
“Al tempo di Gesù – aveva detto Bergoglio ai parlamentari riuniti per la messa mattutina in San Pietro – c’era una classe dirigente che si era allontanata da popolo che lo aveva abbandonato, incapace di altro se non di seguire la propria ideologia e di scivolare verso la corruzione”.