In “Tiziano Terzani, un’idea di destino” diversi file trovati dopo la morte
“Circolo della Stampa: la sala piena, dai corridoi alcuni si affacciano alle porte. La solita sceneggiata. Non si discute delle cose, ma delle idee che le cose nasconderebbero. E’ ancora più vero per la Cina. Nessuno vuol parlare di quella, ma di come lui, noi, la società, l’Occidente l’ha percepita”.
Tiziano Terzani nel 1984 è un giornalista di sicura fede progressista che è stato appena cacciato dalla Cina del post-maoismo, dopo anni di quasi-amore (un amore che non mostrerà, ad esempio, per il Giappone) più per le tradizioni che per gli effetti della rivoluzione culturale. “Lei non è più idoneo a scrivere della Cina” gli dicono dopo una serie di piccoli processi-farsa e di inviti a fare autocritica in un bel percorso di “rieducazione e consapevolezza dei suoi crimini”.
Chi denuncia lo sventramento dell’antico centro storico di Pechino è un nemico della verità, anche se lo sventramento c’è stato, chi sottolinea la mancanza di libertà in un paese dal socialismo “realizzato” è dalla parte delle forze reazionarie. E, come scrive lo stesso Terzani, viene guardato con sospetto dagli intellettuali che in Cina non hanno mai messo piede. Da qui inizia un lungo percorso di individuazione che porta il corrispondente fiorentino di “Der Spiegel” alla ricerca della verità costi quel che costi, anche di abbattere i miti di una sinistra che vedeva nella Cina Popolare l’ultima occasione dopo la consapevolezza che nessun paradiso sulla terra era stato realizzato in Urss.
Un percorso che ora è possibile approfondire, a dieci anni dalla scomparsa del grande giornalista, grazie a questo “Tiziano Terzani, un’idea di destino” (Longanesi, 484 pagine), pubblicazione del contenuto di diversi file trovati dopo la morte del giornalista: rappresentano una serie di note, cronache, riflessioni, lettere, soprattutto alla moglie Angela, su eventi che hanno cambiato il mondo e influito sulle convinzioni di Terzani, dal dopo Pol-Pot in Cambogia alla cacciata di Marcos nelle Filippine, fino al nuovo Giappone consumistico che “dobbiamo conoscere meglio per non averci niente da imparare” e all’India fuori da ogni leggenda. E, in effetti, da questi scritti “corsari” emerge non solo il naufragio delle vecchie certezze nel comunismo, ma anche la graduale convinzione che il mostro da combattere è in realtà l’attuale vincitore: un mercato onnivoro che distrugge tradizioni millenarie e impone idoli da adorare denaro alla mano.
In anni in cui il fenomeno non era ancora così chiaramente delineato, Terzani coglie l’essenza del nuovo rischio per l’umanità: prima si trattava di mancanza di libertà, ora di sopravvivenza dell’uomo, che sta distruggendo non solo la bellezza, ma le basi stesse della sua esistenza, la terra, l’acqua, l’aria.
Questo libro però è anche la testimonianza della battaglia più importante del giornalista, che dal 1997 deve fare i conti con un tumore. La sua diventa paradossalmente una rinascita, perché dalla nuova prospettiva Terzani può guardare alla vita senza i condizionamenti della nuova magia, quella di un consumismo che porta a programmare la vita a suon di rate e scadenze burocratiche, come se essa fosse integralmente nelle nostre mani.
L’inviato del “Corriere della Sera” e di “Repubblica” capisce che lo spirito libera e offre possibilità nuove nella ricerca delle ragioni della vita. Da qui la sua attenzione e il suo rispetto per gli uomini innamorati di quello spirito, di qualsiasi religione essi siano. Si guardi alla sua reazione di fronte ad una nuova conoscenza fatta a Manila nel 1999: “Sono felicissimo, sollevato, salvato dalla follia: il tutto grazie a un meraviglioso gesuita di 77 anni, mezzo paralitico, amico di Ladàny, che da 30 anni insegna psicologia all’università gesuita Ateneo. Che gioia l’intelligenza unita alla saggezza, alla curiosità”.