Torna la video-inchiesta giornalistica

Rai3 lancia “Rec” sulla scia di “Report”, dimostrando che la buona informazione è possibile

Sigfrido Ranucci fa parte da anni dell’agguerrita squadra di giornalisti d’inchiesta – rigorosamente “free lance” – che affiancano Milena Gabanelli nell’ormai storico “Report”. A lui si deve il lancio di “Rec” (Rai3, domenica sera) della nuova trasmissione informativa della terza rete, in onda in due puntate nel mese di giugno.
Ranucci, inviato per Rai News 24, ha all’attivo numerose video-inchieste, fra cui meritano una particolare citazione quelle sul traffico illecito di rifiuti, sulla mafia e sull’utilizzo di armi non convenzionali. Ha trovato l’ultima intervista fatta al giudice Paolo Borsellino prima del sanguinoso attentato di mafia che lo uccise e ha denunciato l’utilizzo del fosforo bianco da parte degli Stati Uniti durante la guerra dell’Iraq.
Realizzato con il contributo di un gruppo di giovani giornalisti e video maker, il nuovo programma propone una serie di inchieste raccontate con piglio giornalistico e linguaggio cinematografico, utilizzando al massimo le potenzialità del web. Gli argomenti scelti fra quelli di attualità spaziano dalla sicurezza privata in appalto ai pochi “soliti noti” al costo del latte in polvere che alimenta le speculazioni delle case produttrici, dall’impero economico dell’imprenditore Angelo Mastrolia creato dal nulla in pochi anni al business dei parcometri sparsi in tutta Italia, dagli insegnanti di sostegno che la scuola pubblica non riesce a garantire agli alunni con difficoltà di apprendimento ai contributi pubblici all’editoria che finiscono per finanziare pubblicazioni legate a interessi privati.
Lo stile delle inchieste e dei servizi ricalca quello del già citato “Report”: il giornalista si documenta sull’argomento da approfondire attingendo direttamente alle fonti e poi incontra il diretto interessato per un’intervista faccia a faccia registrata in doppia telecamera, in cui le domande incalzanti non fanno alcuno sconto all’interlocutore.
Nel magma di un’offerta televisiva che privilegia sempre più lo spettacolo e le emozioni rispetto all’informazione e alla razionalità, “Rec” si propone come positiva eccezione rispetto all’andazzo dominante, riportando al centro dell’attenzione l’attività di giornalisti che davvero si possono definire tali, impegnati sul campo in cerca della verità e capaci di raccogliere con tenacia e pazienza dati incontestabili da sottoporre all’attenzione dei soggetti che in qualche modo devono rispondere all’opinione pubblica.
Quest’ultima viene spesso ritenuta dagli autori televisivi erroneamente “distratta”, il che induce a infarcire i palinsesti di proposte di bassa qualità ma di alta empatia. Invece “Rec”, “Report” e altre trasmissioni dello stesso tenore rinunciano alla costante tendenza all’infotainment (informazion + entertainment) e rilanciano l’inchiesta con la forza di immagini che portano lo spettatore direttamente sul campo, a fianco del giornalista-detective, in un percorso di avvicinamento alla verità, per quanto possibile e per quanto concesso.
Il risultato è un programma che apre squarci inimmaginabili sulle pieghe nascoste di molte situazioni contemporanee spesso non così evidenti agli occhi dei cittadini, con una vocazione civile che mira non soltanto ad acclarare i fatti ma anche a presidiare e preservare quel “servizio pubblico” che dovrebbe essere costitutivo della mission della Rai e che invece viene troppo spesso sacrificato in nome della facile ricerca di audience.