Terremoto, don Domenico: «Ho visto tanti corpi di bambini. Come Chiesa faremo la nostra parte»

«La città è devastata. Del centro storico, che era un meraviglioso salotto, è rimasto soltanto l’orologio che batte le 3 e 38 sotto la torre campanaria vuota». Monsignor Domenico Pompili, vescovo di Rieti, è immediatamente rientrato in Italia da Lourdes per recarsi ad Amatrice, nella zona della sua diocesi più colpita dal terremoto. «Ho visto tanti corpi di bambini e adolescenti», racconta con commozione: «Sono stato accanto a un padre di famiglia che ha perso la moglie, il figlio dodicenne e la figlia di sedici anni. Quando tutto è crollato stava lavorando al forno, qualche centinaio di metri distante da casa». La diocesi farà la sua parte nei giorni a venire: «Non basta essere presenti nell’immediato. La fase del lutto va accompagnata. E noi, come Chiesa locale, ci saremo»

Appena rientrato in Italia da Lourdes, dove si trovava in questi giorni per l’annuale pellegrinaggio dell’Unitalsi di Rieti, monsignor Domenico Pompili si è precipitato ad Amatrice: “La città è devastata. Del centro storico, che era un meraviglioso salotto, è rimasto soltanto l’orologio che batte le 3 e 38 sotto la torre campanaria vuota”. In questo momento il vescovo di Rieti si trova ancora nel piccolo comune di montagna, dove si contano numerosi morti e si scava per portare alla luce le persone intrappolate.

Che situazione ha trovato?

Ho visto tanti corpi di bambini e adolescenti.

Prosegue ininterrottamente la ricerca dei superstiti grazie alla guida dei cani, che aiutano a indirizzare gli sforzi tra le macerie. I soccorritori stanno lavorando alacremente, spendendo ogni energia.

Ha avuto modo di incontrare qualche familiare delle vittime?
Sono stato accanto a un padre di famiglia che ha perso la moglie, il figlio dodicenne e la figlia di sedici anni. È un fornaio che si è trasferito da poco tempo ad Amatrice. Quando tutto è crollato stava lavorando al forno, qualche centinaio di metri distante da casa. Non ha fatto in tempo a trarre in salvo i suoi cari. La sua unica consolazione è che siano morti nel sonno, senza accorgersi di nulla.

I soccorsi andranno avanti per tutta la notte?
Sì, ma ci sarà tanto da lavorare anche nei prossimi giorni. Adesso è partita una grande gara di solidarietà da tutte le parti. Sono stato contattato da tante Caritas, compresa quella nazionale. E sono grato alla Cei per lo stanziamento di un milione di euro e per la colletta nazionale indetta per il 18 settembre.

Come diocesi vi state organizzando per dare un contributo?
Siamo già operativi. Abbiamo attivato la mensa a Santa Chiara che distribuisce pasti. Forniremo attività di supporto, viveri e indumenti. È estate, ma qui siamo a mille metri di altitudine e fa freddo, soprattutto la notte. Sotto il coordinamento della Protezione Civile, i soccorritori stanno allestendo almeno un paio di tendopoli.

Vediamo cosa succede per capire i bisogni a cui dovremo rispondere. Siamo ancora a una fase inziale, che però sarà molto lunga. Non parlo soltanto della notte che sta per scendere, ma dei giorni che verranno.

Eccellenza, appena qualche giorno fa era stato ad Amatrice per aprire la Porta Santa…
Non sono passate più di due settimane. È stata una bella serata, un sabato in cui il paese era popolato da tanti visitatori e persone in villeggiatura. Tornare oggi è drammatico. Purtroppo così è la vita, imprevedibile e fragile. Questo è il momento del silenzio e della preghiera. Poi verrà quello dell’impegno.

La diocesi non si fermerà all’emergenza di queste ore?
No, lo garantisco. Adesso è fondamentale la vicinanza fisica alle persone ma, come sempre avviene in questi casi, bisogna essere presenti nel medio e lungo periodo. Non basta esserlo nell’immediato. La fase del lutto va accompagnata. E noi, come Chiesa locale, ci saremo.