Tentativi di bilancio

Finita la lunga serie di proposte, spunti e iniziative che hanno caratterizzato il ricco periodo congressuale è tempo di fermarsi e riflettere sui risultati di questo impegno.

Quanto ha inciso quest’anno di riflessione attorno alla “forma della vita cristiana” sulla società locale? Un bilancio nell’immediato è difficile a farsi. Si può rilevare una buona partecipazione “interna” da parte alla Diocesi e un certo interesse da parte di chi vive al di fuori della Chiesa, almeno quando questa interviene in modo deciso sulla realtà.

L’apertura al mondo del lavoro, con l’incontro al centro Asi e la fiaccolata di solidarietà rivolta a quanti stanno maggiormente soffrendo la crisi ne è un esempio. E aiuta anche a comprendere quale sia la domanda che la società “secolarizzata” fa alla Chiesa.

Su temi come la salute, il lavoro e i rapporti umani, la Chiesa sembra recuperare terreno, o quantomeno il conforto di una certa identità di vedute con molte parti della società. Ma quanto ciò corrisponda ad un autentico bisogno di approfondimento spirituale, di ricerca di Dio, e quanto invece ci sia “di comodo” per tante forze sociali, rimane un problema.

È vero che il Congresso Eucaristico ha offerto un approfondimento dei temi più urgenti nel panorama attuale, ma solo il tempo potrà svelare quale sarà il risultato di questi sforzi.

Il rischio sembra essere quello che denuncia Umberto Galimberti nel suo ultimo libro: che la Chiesa per poter continuare ad esistere nel tempo in cui trionfa la civiltà della tecnica, si ritrovi ad essere una sorta di agenzia etica, esangue e desacralizzata, che si pronuncia su aborto, fine vita e scuola, o sia destinata alla consolazione formale dei più deboli, dei più soli, degli sconfitti.

Si dirà che è un rischio che la Diocesi non ha esplicitato, ma ha tenuto presente e sapientemente cercato di fronteggiare proprio riportando il discorso alla dimensione del sacro, rivolgendosi a quel mistero eucaristico che fonda la Chiesa stessa.

È vero, ma non per questo la reazione della città, alla quale la Diocesi ha cercato di rivolgersi con l’ultimo incontro, può essere data per scontata. Infatti nessuna delle autorità locali era presente al rito.

E poi anche al proprio interno, superata la dimensione dogmatica, la Chiesa conta una pluralità di voci, di visioni, di intenti, a dispetto di quanti, da dentro e da fuori, trovano comodo pensarla come un monolite.

Saggiamente, dunque, il Vescovo nella celebrazione di chiusura ha voluto sottolineare «l’esigenza dell’Eucaristia, come sacramento del dono, ma anche dell’intelligenza, cioè della capacità di entrare dentro le cose, oltre l’apparenza».

«Al di là dell’aspetto teologico-sacramentale, che per noi credenti è irrinunciabile – ha detto mons. Lucarelli – essa ci offre numerosi spunti per comprendere la nostra realtà, perché ci fa andare oltre».

Ecco, se proprio vogliamo cogliere da subito un frutto dall’Anno diocesano dell’Eucaristia prendiamo questo: il semplice, immediato, ma anche impegnativo e serio compito di non dar nulla per scontato, ma di essere aperti alla complessità del mondo, di affrontare i problemi per quello che sono, di non rifugiarsi in posizioni di comodo per pigrizia o abitudine.

Un approccio che, per fare eco al tema dell’Anno Eucaristico, non dovrebbe essere un semplice metodo, ma la “forma” del pensiero, allo stesso modo in cui l’Eucaristia è la “forma” della vita cristiana.