Teneramente folle

La pellicola della regista americana Maya Forbes porta in sala la malattia mentale

Ė sempre difficile raccontare la malattia mentale al cinema. Si rischia di diventare troppo lacrimevoli o troppo educativi, troppo forzati o troppo poco realistici. I film migliori su questo tema sono quelli che sono stati in grado di legarlo ad un’altra tematica: quella dell’affetto dei familiari che vivono insieme a chi soffre di problemi di quel tipo. Ad esempio, “Rain man”, la pellicola con Tom Cruise e Dustin Hoffman, ha narrato la vicenda di due fratelli, uno autistico, che imparano a conoscersi e a volersi bene. Un’opera perfettamente riuscita, grazie anche alle interpretazioni degli attori naturalmente, ma soprattutto perché inseriva il tema della malattia mentale all’interno delle dinamiche affettive familiari. Il film risultava così toccante, vero, senza essere patetico, e sapeva porre l’attenzione su un problema così “ingombrante” e così doloroso nella vita di tante persone.

Oggi un’altra pellicola si dimostra in grado di affrontare la depressione e, in particolare, la sindrome bipolare in maniera altrettanto convincente. Si tratta di “Teneramente folle”, diretta dalla regista americana Maya Forbes, opera che, se da un lato assomiglia a “Rain Man”, dall’altro ne è totalmente distante. Ė, infatti, un film a basso budget, girato in maniera realistica, con una certa trasandatezza tipica del cinema underground newyorkese, laddove, invece, “Rain Man” era una pellicola ad alto budget, con grandi star, prodotto da uno studio hollywoodiano e girato secondo i canoni tradizionali di una narrazione “spettacolare”.

Siamo alla fine degli anni ‘70, la bellissima colonna sonora, l’abbigliamento, le macchine e il design ce lo ricordano, un padre, maniaco bipolare, cerca di riconquistare la moglie, accettando di badare a tempo pieno alle loro due giovani figlie. Cameron, infatti, è un padre che ha sempre sofferto di quel disturbo e che ha appena avuto un esaurimento nervoso. Si ritrova, perciò, disoccupato, e Maggie, sua moglie, è una madre lavoratrice che non riesce a mantenere da sola la famiglia. Nonostante l’estrazione sociale e l’alto livello d’istruzione della coppia, i due sono al verde. Maggie accetta, perciò, una borsa di studio per un MBA a New York e lascia le due figlie a Boston con il padre. Cameron si trova così a doversi prendere cura da solo delle due vivaci ragazze. Non sarà facile per nessuno: per Cameron, prima di tutto, che deve cercare di portare avanti la vita quotidiana della famiglia da solo, nonostante la malattia lo renda spesso totalmente inadeguato a farlo; per Maggie che, con grande dolore e ansia, deve fare la scelta tragica di lasciare le figlie e il marito per sperare che con un master in più riesca ad ottenere un lavoro in grado di sostenere tranquillamente la famiglia; le due figlie che devono sostenere il padre e aiutarlo, essere già “grandi”, rispetto alla spensieratezza dell’età e della vita dei loro coetanei.

Tratto da una vicenda vera (è l’autobiografia dell’infanzia della regista nella Boston degli anni ‘70), e per questo ancora più realistica, “Teneramente folle” è una storia divertente e commovente su come, a volte, in maniera del tutto inaspettata, genitori e figli possano arrivare a salvarsi a vicenda. E di quanto importante sia la famiglia, i suoi rapporti d’affetto e di solidarietà, la sua forza e il suo coraggio di fronte anche a situazioni così complesse come la malattia mentale.