Tante case vuote in Italia, ma l’emergenza abitativa cresce. Occhiuto (Anci): manca una programmazione strategica

Mario Occhiuto, sindaco di Cosenza e delegato dell’Anci (l’associazione dei Comuni italiani) per l’urbanistica, sottolinea la necessità di recuperare la programmazione nella politica per la casa. “Servono una semplificazione del quadro normativo e l’attivazione di nuove risorse per gli investimenti”, aggiunge, ribadendo che “è sbagliato lasciare i Comuni da soli ad affrontare i problemi di accesso alla casa”

Detrazioni fiscali per gli alloggi affittati a persone in condizioni disagiate. È una delle proposte che Mario Occhiuto, sindaco di Cosenza e delegato dell’Anci (l’associazione dei Comuni italiani) per l’urbanistica, avanza in questa intervista al Sir. È necessario recuperare la programmazione nella politica per la casa, dice Occhiuto, che è architetto, docente universitario e urbanista e quindi parla non solo come amministratore locale ma anche come riconosciuto esperto del settore.

Mario Occhiuto

L’emergenza casa con la sua criticità finisce per nascondere un paradosso: milioni di case vuote – 7 milioni secondo l’ultimo censimento Istat, quasi 3 togliendo le seconde case – e tante famiglie che non hanno un alloggio. È una contraddizione apparentemente incomprensibile, non crede?
I numeri ci dicono che in teoria non dovrebbe esistere un fabbisogno abitativo. In realtà le spiegazioni possono essere molteplici, però appare evidente come per gli investimenti immobiliari si sia passati da una rendita fondiaria a una rendita soprattutto finanziaria, senza tener conto della domanda sociale. Tutto ciò oltre che un paradosso costituisce uno spreco ambientale ed economico. Se pensiamo ad alcune realtà del nostro Paese dove consumo di suolo e cementificazione irrazionale hanno creato vere e proprie situazioni di degrado.

A che punto siamo con l’edilizia popolare? Si è fermata? E i meccanismi di assegnazione sono efficienti o costituiscono un ulteriore problema?
Il quadro istituzionale ormai obsoleto ed alquanto frammentato fa sì che

non vi sia una programmazione strategica della politica della casa,

essendo carente una visione complessiva degli interventi pubblici. Tutto ciò determina l’assenza di strumenti per la rilevazione cognitiva dei bisogni, per il monitoraggio degli interventi. Il prodotto di tale frammentazione è l’eterogeneità dei meccanismi di assegnazione su tutto il territorio nazionale che produce ulteriori forme di disagio per le famiglie bisognose. Per quanto riguarda infine le politiche urbanistiche sugli insediamenti abitativi di edilizia sociale sarà necessario evitare quello che è successo nei decenni precedenti attraverso i piani di zona di edilizia popolare, sostenuti dall’ideologia della casa collettiva, che hanno creato aree di marginalità nelle città, con problemi estesi di degrado e di sicurezza urbana e sociale.

Come affrontare l’emergenza? Ci sono 160mila famiglie in attesa dell’esecuzione dello sfratto nei prossimi mesi.
Servono una semplificazione del quadro normativo e l’attivazione di nuove risorse per gli investimenti. È sbagliato lasciare i Comuni da soli ad affrontare i problemi di accesso alla casa.

È necessario che il governo affianchi gli enti locali attraverso l’introduzione di canale di finanziamento per il recupero del patrimonio edilizio pubblico in locazione e per la produzione di nuova edilizia in locazione negli ambiti di riqualificazione urbana.

Occorre attuare, inoltre, nuovi strumenti di flessibilità nell’applicazione della fiscalità locale per gli immobili sfitti e dismessi, prevedendo detrazioni per gli immobili in locazione agli inquilini in condizioni di disagio.