Chiesa

Sinodo Amazzonia, monsignor Giovenale: «La popolazione al centro»

Per mons Flavio Giovenale, vescovo di Cruzeiro do Sul in Brasile, il Documento di lavoro del prossimo Sinodo chiede di partire dalle esigenze pastorali concrete delle popolazioni amazzoniche

“Mi ha dato molta allegria riceverlo!”. Al telefono, la voce squillante di monsignor Flavio Giovenale, vescovo di Cruzeiro do Sul, nello stato di Acre in Brasile, testimonia la soddisfazione per la recente pubblicazione dell’Instrumentum laboris del prossimo Sinodo dei vescovi dedicato alla regione panamozzonica. Il presule è un missionario salesiano di origini piemontesi alla guida per anni della Regione Norte II della Conferenza episcopale brasiliana e come vescovo conosce profondamente la Chiesa amazzonica. “Era un documento molto atteso – spiega ai microfoni di Radio Vaticana Italia – ed è stato preparato anche tenendo conto dei nostri suggerimenti. Mi sembra che abbia proprio percepito ciò che noi del gruppo dell’Amazzonia brasiliana orientale avevamo proposto”.

Rimettere la popolazione amazzonica al centro

Il documento, intitolato “Amazzonia, nuovi cammini per la Chiesa e per un’ecologia integrale”, chiede un processo di conversione ecologica e pastorale per lasciarsi interrogare seriamente dalle periferie geografiche ed esistenziali. “Conversione ecologica – spiega mons. Giovenale – vuol dire mettere la popolazione concreta al centro. Papa Francesco utilizza spesso questo concetto e non a caso ha denunciato a Puerto Maldonado nel 2018 una corrente ecologica che mette ai primi posti la tutela di animali e piante e dimentica l’uomo. Qui invece si parte dalla necessità di mettere la popolazione amazzonica al centro. Ci si chiede come vive questa popolazione e come possiamo fare in modo che sia l’ambente fisico che quello pastorale rispettino questa realtà concreta”.

Una conversione ecologica che parte dal reale

“Si tratta di una realtà particolare, enormemente differente, per esempio, da quella dell’Italia”, spiega il vescovo di Cruzeiro do Sul. “Se dovessimo prendere le proporzioni amazzoniche e applicarle in Italia avremmo solo due diocesi in tutto il territorio con circa sessanta preti. Avremmo un sacerdote per ogni provincia e mezza”. “Ciò fa capire come la ‘conversione ecologica’ debba partire dal reale. Ci vogliono certo principi ‘belli, buoni e santi’, ma va tenuto conto che magari sono principi che vanno bene per una realtà diversa, come per esempio quella del Sud del Brasile che è molto differente dalla nostra. Bisogna partire dalla realtà concreta in cui viviamo e fare in modo che il Regno di Dio sia annunciato e innestato qua”.

I danni di una persistente mentalità coloniale

Il Documento di lavoro del prossimo Sinodo descrive poi una Amazzonia minacciata dalla distruzione e dallo sfruttamento ambientale e dalla sistematica violazione dei diritti umani fondamentali della sua popolazione. “Confermo pienamente queste parole”, commenta mons. Giovenale. “Quando si fanno dei progetti di sviluppo per l’Amazzonia spesso a progettarli sono persone anche di buona volontà che, non voglio dire siano disoneste, ma conoscono altre realtà geografiche e sociali. E perciò possono combinare delle solenni sciocchezze sia dal punto di vista economico che da quello pastorale”. “Quando poi a tutto ciò – spiega il vescovo – si aggiungono la cupidigia e la voglia di guadagnare ‘costi quel che costi’, allora l’essere umano non conta più”. “Da qui nascono lo sfruttamento, l’ingiustizia e una serie di situazioni che sono denunciate molti chiaramente in questo Documento. Si guarda generalmente all’Amazzonia come a un grande deposito senza fine. Si viene, si razzia quel che si può per poi andarsene. È una mentalità ancora coloniale per la quale la popolazione locale non serve. Anzi, se gli indigeni chiedono che i loro diritti siano tutelati sono tacciati di essere contro il progresso. Ci sono stati fatti di sangue, massacri, antichi e attuali, di indios locali, di tutte le razze e di tutte le fedi, uccisi perché volevano una Amazzonia a misura della popolazione amazzonica”.

Cattolici senza Eucaristia?

Nella terza parte del Documento di Lavoro i Padri Sinodali dell’Amazzonia sono invitati a discutere sui nuovi cammini per la Chiesa nella regione e si scrive che è necessario passare da una “Chiesa che visita” ad una “Chiesa che rimane” anche attraverso dei ministri che emergano dagli stessi abitanti locali. “Questa via non solo è possibile – commenta mons. Giovenale – ma è una delle cose che da anni stiamo cercando di proporre e questo Sinodo è finalmente l’occasione buona”. “Il nostro problema – spiega il vescovo di Cruzeiro do Sul – è che qui in diocesi abbiamo un sacerdote ogni cinquemila chilometri quadrati. Se applicassimo queste proporzioni all’Italia, che ha circa trecentomila chilometri quadrati, avremmo circa sessanta preti in tutta la penisola. Con un aggravante: qui non ci sono ferrovie e ci sono solo duecento chilometri di strade asfaltate e trecentocinquanta di strade sterrate, in tutta la diocesi. Il resto sono solo fiumi, fiumiciattoli o strade percorribili a piedi”. “La conseguenza – spiega mons. Giovenale – è che la maggior parte delle trecento comunità, frazioni, villaggi abitati anche da centinaia di persone – possono partecipare alla Santa Messa una volta all’anno, quando il prete può visitarli. Delle trecento comunità solo una ventina possono celebrare Messa tutte le domeniche e una cinquantina una volta al mese”. “È chiaramente una situazione che richiede cambiamenti straordinari”, spiega il presule. “Se infatti l’Eucaristia è il centro della vita della Chiesa, allora noi non siamo cattolici!”. “Dobbiamo perciò raccogliere queste sfide – conclude mons. Giovenale – che sono diverse da quelle che avete voi, lì in Europa. Le nostre sono molto condizionate dalla geografia, per questo la conversione ecologica è per noi l’altra faccia di quella pastorale”.

Da Vatican News