A che servono Prefetto e Prefettura?

Sul «Il Messaggero» del 27 luglio è apparsa una “Foglia” dal titolo “Inutilità”. La breve riflessione pubblicata, rivolta al Prefetto ed alla Prefettura, denota, come spesso accade sulla stampa, l’evidente superficialità dello scrivente che analizza il presupposto da cui si muove ed un certo conseguente scherno per le attività istituzionali svolte.

Non spetta certo a me, in qualità di segretario sindacale del pubblico impiego privatizzato, procedere alla difesa del Prefetto, visto che saprebbe ben farlo in proprio, ma è inaccettabile, per i lavoratori interessati e per quelli indirettamente coinvolti, assistere senza voce alle aggressioni di una stampa più o meno feroce col pubblico impiego, salvo poi pentirsi e sostenere che non è corretto far di tutt’erba un fascio, senza avere alcun rispetto per chi svolge attività istituzionale per la collettività, operando nella legittimità.

La valutazione è stata imperniata sulla dubbia futura presenza della Prefettura di Rieti, sostenendo che la sua cancellazione sarebbe collegata, più che alla necessità dei compiti della complessa attività istituzionale, svolta peraltro da oltre 60 persone, e derivante dalla Legge che ci assegna competenze ben precise, dalla presenza più o meno costante sul territorio del capo della struttura, che scorazzerebbe quotidianamente, a detta dello scrittore, tra Roma e Rieti, per mano di due autisti, i quali peraltro, nei momenti morti, null’altro farebbero se non attendere di risalire in macchina e ripartire, tipo le trottole, mentre per il Prefetto non risulterebbe ben chiaro quale potrebbe essere il suo compito, a fronte di un’ironica e quanto mai sibillina… «cosa faccia il Prefetto lo sappiamo»!

Forse lo scrittore della “foglia” si diverte denigrando il lavoro dei tanti dipendenti dell’ufficio, non conoscendo evidentemente le molte competenze a cui assolve e che comunque può trovare sui siti istituzionali, compiti derivanti dalle norme dello Stato che sono restituiti al territorio sotto forma di servizi all’utenza. Lo scrittore forse non sa che, tuttavia, la struttura vivrebbe anche senza la presenza del Prefetto, alla luce della recente proposta di riorganizzazione degli uffici periferici del Ministero dell’Interno sui territori, i cui ambiti peraltro potrebbero anche non essere provinciali, e della spinta informatizzazione ormai diffusa capillarmente che consentirebbe lo svolgimento delle attività lavorative perfino dalla propria abitazione, leggasi “telelavoro”!

Facile continuare, quindi, per la stampa continuare a delegittimare il personale della pubblica amministrazione con lo pseudonimo di “fannulloni” o addirittura far finta di essere fintamente rispettosi solo ora che ci hanno bell’e rovinato ed il mondo intero è contro il lavoratore pubblico, continuando a sminuire quindi anche l’operato delle istituzioni, con la fissazione che la misurazione del tempo di lavoro, se non fosse un obbligo lavorativo comunque da rispettare, sia la riprova della reale produttività dei lavoratori e della qualità dei servizi che devono restituire all’utenza, unica legittimata al giudizio nei riguardi della categoria poiché unico vero “datore di lavoro”. Alla stampa e mass media invece piace dar spazio e far conoscere soltanto i peggiori risvolti delle attività del pubblico impiego senza mai riconoscere la qualità delle prestazioni, dimenticando che ognuno di noi possiede specifici compiti, spesso sovrapposti per via del mancato turn-over che costringe il personale sempre più esiguo a ricoprire diverse competenze, assolte quotidianamente e da anni molto più del dovuto rispetto allo stipendio percepito e fermo, per assenza di un dovuto rinnovo contrattuale bloccato da ben sei anni, ed in un mondo in cui il lavoro si perde con estrema facilità a fronte della trasformazione sociale a cui stiamo assistendo ed in cui è facile mostrarci come dei privilegiati già molto fortunati a continuare ad avere un lavoro garantito, ma che risente della costante variabilità degli indirizzi organizzativi che a loro volta subiscono la precarietà di una politica che invece è capace di produrre soltanto “lavoro precario” in un mercato sotto scacco dell’economia estera e senza prospettive e stimoli di alcun tipo, spesso mosso soltanto dalla raccomandazione del potente o dalla segnalazione del politico di turno che ancora risulta essere necessario per rimediare un qualsiasi tipo di occupazione.

A maggior ragione tale presupposto lavorativo vale anche per il Prefetto il quale, in forza del diverso contratto pubblico a cui la sua carriera fa riferimento e delle competenze che assolve, non solo non è tenuto alla timbratura ed all’obbligo dell’orario lavorativo, sempre reperibile, ma svolge la sua “mission”, come tutti gli altri burocrati dello Stato, con norme che, seppure potrebbero essere oggetto di revisione in modo concreto ed attuale alla luce ai tempi e dei tagli della finanza pubblica attualizzando cosi’ il ruolo che riveste, ad oggi sono pienamente vigenti. Per quanto agli autisti, che obbediscono ad ordini e svolgono anche il compito di guardia del corpo dell’autorità essendo agenti di Polizia di Stato, sarebbe appena il caso di ricordare l’elevato numero di diversi ed altri incaricati della rappresentanza dello Stato, a cui, secondo lo scrivano fogliarolo, forse andrebbero tolti tutti gli autisti e tutti i collaboratori, certi che lo snellimento amministrativo coincida soprattutto con il taglio del lavoro che ricade sui lavoratori e sulle diverse professionalità ricoperte dagli stessi e di tutti coloro che da sempre garantiscono lo Stato e la sua presenza sul territorio periferico, ma trascurando la qualità dei servizi resi.