Se io fossi il Papa-Re. Riflessioni sull’apertura dei negozi la domenica

Da più parti si sente la richiesta di una parola della Chiesa sulla questione della liberalizzazione dell’apertura domenicale e festiva degli esercizi commerciali.

La domanda è a trabocchetto, come quella che fecero a Gesù: è lecito o no pagare le tasse a Cesare, il dominatore straniero?

Cioè: che dici tu, che dobbiamo foraggiare chi ci tiene sottomessi? Tu che sei Galileo, ebreo? Sta’ attento che se dici che dobbiamo pagarle, ti accusiamo di essere connivente con i Romani, se dici di non pagarle ti accusiamo di essere un sovversivo che non vuole pagare le tasse allo Stato!

Molti si aspetterebbero dalla Chiesa una parola contro l’apertura domenicale dei negozi, perché la domenica è il giorno del Signore: giusto!

Altri direbbero: ma se anche i cattolici praticanti la domenica fanno ben altro che vivere in devozione il giorno del Signore, la Chiesa che va predicando? Giusto pure questo!

Qualunque cosa la Chiesa dicesse, si troverebbe nei pasticci.

La domenica è il giorno del Signore e il signore dei giorni, non è semplicemente il settimo giorno, ma il giorno Ottavo, il primo e l’ultimo, il giorno dopo il sabato, quello del sepolcro vuoto, del Risorto, della vita nuova.

La domenica per i credenti non è solo il giorno in cui non si dovrebbe lavorare e neppure il giorno in cui si va semplicemente alla Messa. È il giorno della famiglia, degli affetti, dello svago, della cura delle relazioni e dei rapporti. Lo è ancora, anche tra coloro che vanno alla Messa? Per molti sì, per molti altri no.

È il giorno in cui in tanti passano tutto il tempo con una canna da pesca in mano o imbracciando un fucile per la caccia; è il giorno che comincia a ora di pranzo del sabato, in cui iniziano le partite di campionato, fino alle 23 della domenica sera. Ci sono milioni di persone che passano questa giornata a seguire sport e attività disgreganti, logoranti per la famiglia, sulle quali nessuno dice nulla.

È ora di cantare un mesto de profundis alla domenica cristiana, che abbiamo voluto riempire di altro, senza renderci conto di quello che stavamo facendo.

Allora non possiamo prendercela con l’apertura dei negozi, in un mondo in cui ognuno vuole fare quello che gli pare. Chi vorrà aprire, aprirà, chi vorrà tenere chiuso, chiuderà.

Non possiamo fare solo calcoli politici o economici o affettivi, separatamente, dobbiamo fare tutto un minestrone e ciascuno dovrà valutare la cosa dal suo punto di vista, puramente egoistico, individualistico, o anche familistico, perché la società, la comunità, sono andate bellamente a farsi friggere.

Nel mondo delle libertà a tutti i costi, possiamo ragionevolmente pensare che un divieto di apertura domenicale risolva i problemi?

Certo, se io fossi il Papa-Re farei tenere i negozi serrati, impedirei la turnazione nelle fabbriche, farei tenere chiusi i campi di pallone, anche quelli dei paesetti, metterei il divieto di caccia e pesca di domenica e lascerei fare di domenica solo i lavori per i servizi essenziali, medici e di ordine pubblico.

Vieterei di domenica pure i funerali, che è un’aberrazione, chiuderei pure le redazioni giornalistiche. Di domenica si fa solo ciò che si deve fare.

Re non lo sarò mai, Papa neppure. Figuriamoci tutti e due insieme!

Ma non è detto, nella vita non si deve mai dire mai!