La provocazione di Daniele Manni, uno dei 50 candidati
Valorizzare la professione docente. Si potrebbe partire da qui ragionando di scuola all’inizio del nuovo anno. Anche perché proprio la professione docente è uno snodo decisivo e, nello stesso tempo, presenta molti livelli di criticità.
Un Paese che cerca la “Buona scuola” non può fare a meno di cercare i “bravi insegnanti”. Certo, ha il dovere anzitutto di creare le infrastrutture – leggi istituti scolastici accessibili e non fatiscenti, sicuri, dotati delle risorse minime per questa nostra epoca, come ad esempio una connessione internet che funzioni (e non sono richieste “superate”, no) – ma nello tempo non può prescindere dal promuovere la professionalità degli insegnanti, valorizzando quel che fanno e mettendoli in condizione di fare meglio.
Già, cosa fanno? E qui l’immaginario collettivo potrebbe sbizzarrirsi… magari approdando al qualunquista “poco e niente” che non di rado si sente dire, attraversando i radicati luoghi comuni che parlano di insegnamento come di ammortizzatore sociale, per arrivare alla trita questione delle “vacanze lunghe” o alla semplice equazione: stipendio da poco, lavoro da poco.
E qui aiutano a riflettere le parole di un docente un po’ speciale, perché incluso tra i 50 finalisti al mondo candidati al titolo internazionale di Premio Nobel per l’Insegnamento, il “Global Teacher Prize” della Varkey Gems Foundation. In Europa, in tutto i finalisti sono nove, ben due italiani. Si chiama Daniele Manni, è di Lecce e si definisce “innamorato e appassionato del proprio ruolo (non riesco a chiamarlo lavoro)”. Manni, approfittando della particolare situazione di candidato al Nobel, ha scritto al premier Renzi una lettera, chiedendo “niente di più di quanto lei non stia ripetendo negli ultimi giorni, ossia più considerazione in Italia per la professione docente, più ‘ritmo’ nella scuola”.
Una richiesta che si traduce in due “azioni concrete”: uno stipendio maggiore per i docenti e iniziative apprezzabili per valorizzare la professione, facendo conoscere, quando possibile, le persone meritorie nella scuola.
Sullo stipendio, Manni chiede di renderlo “semplicemente dignitoso”, perché oggi non lo è. Eppure, pur con docenti poco pagati – argomenta – la scuola italiana resta una delle istituzioni più apprezzate dalla cittadinanza (nel 2014 è al terzo posto, dopo Papa Francesco e Forze dell’ordine). Ebbene: “cosa potrebbe essere la Scuola italiana se il corpo docente ricevesse più credito e dignità?”, chiede Manni. E come la società – così va avanti a domandare, riferendosi alla figura dell’insegnante – può apprezzare “una figura così importante per la vita ed il presente (non solo il futuro) dei nostri figli se lo Stato è il primo a ridicolizzarne il lavoro con un riconoscimento inadeguato?”.
Per dare risalto al lavoro dei docenti, poi, il suggerimento al premier è quello di usare creatività e inventiva per “ideare e realizzare iniziative concrete atte a valorizzare la professione, approfittando anche di ogni possibile occasione per enfatizzare, rendere pubbliche e diffondere le opere meritorie e le persone meritevoli nella scuola, ogni qualvolta se ne presenta l’opportunità”. C’è chi ha pensato al Nobel per l’insegnamento. Forse si può fare anche altro.
“Parole sante”, verrebbe da dire. Domande e suggerimenti semplici che vanno dritti a colpire un nervo scoperto e decisivo del sistema scuola. Se nel 2015 arrivasse qualche risposta concreta sarebbe davvero un buon anno per la scuola e per il Paese.