Roma: luci rosso sangue

Sta facendo molto scalpore la notizia che un municipio di Roma vuole riservare alcune vie dove tollerare la presenza di prostitute e alzare le multe nel resto della città. Questo è il risultato di molti tentativi falliti per ostacolare un fenomeno che pare insormontabile.

Al di là dell’effetto che potrebbe avere la proposta, sembra di intravedere un pensiero dietro questo tipo di provvedimenti. Ovvero che la prostituzione sia un fatto fisiologico e normale. È proprio la prospettiva maschile la più importante da comprendere. L’aspetto antropologico e “animale” diventa un alibi non solo per i clienti ma anche per la società nelle sue istituzioni.

Intorno ai maschi si crea una specie di gabbia di pregiudizi, che quasi non fa capire realmente quello che fanno. Si accetta semplicemente una realtà come normale, anche se quella normalità è inaccettabile. E qui ci prendiamo ovviamente il rischio di essere etichettati come bacchettoni.

Invece è proprio la libertà delle donne che ci sta a cuore. Per capirlo dobbiamo prima fare un esempio a proposito della pornografia. Questa viene criticata dalla studiosa Catherine MacKinnon proprio a tutela della libertà d’espressione. Secondo il suo pensiero riduce al silenzio le donne, nel senso che toglie forza alle loro parole di negazione, avendo gli uomini esempi di totale obbedienza nei filmati.

Un discorso analogo forse potrebbe essere fatto riguardo alla prostituzione. Ogni seppur piccolo incentivo ad essa, indebolisce ulteriormente la condizione femminile e la possibilità di tutte le ragazze di esprimersi liberamente.

Il meccanismo perverso è alimentato dal fatto che molte prostitute sono giovani e belle per cui rappresentano il modello desiderato di ragazzi, che poi pensano di applicare lo stesso approccio nelle relazioni quotidiane.

Quando guardiamo gli occhi languidi e spenti fissarci dal marciapiede pensiamo che sono “occhi lontani”, ma come scrisse Pascoli, anche gli occhi lontani sono “zuppi di sogno”.