Ritel: la protesta dei lavoratori scende in strada

I lavoratori della Ritel escono dai “palazzi” cittadini e scendono in strada. E lo fanno con una mossa decisa e con vinta che li porta fino alla Salaria per Roma, altezza San Giovanni Reatino. E da lì si incamminano verso la Capitale come gesto simbolico per rappresentare la loro rabbia. Ma anche per lanciare una richiesta d’aiuto a chi da tempo dice di voler risolvere una situazione che si trascina senza che nulla di concreto accada.

«Il tempo delle parole è finito, servono gesti concreti che faccino capire come ormai siamo stanchi di essere presi in giro» dice un lavoratore. «È vero – gli fa eco un collega – perché ormai siamo stanchi di rimanere a guardare, anzi ad ascoltare. Era ora di scendere in strada per far vedere che ci siamo e non ci arrendiamo. Secondo me a qualcuno fa anche comodo che occupiamo la sala consiliare del Comune o quella di Palazzo Dosi, così stiamo chiusi lì e non diamo fastidio. Ma non è così oggi diciamo basta e di iniziative come questa ce ne saranno altre».

«I lavoratori – spiega Luigi D’Antonio, segretario della Fiom-Cgil – sono stanchi e soprattutto arrabbiati. Devono però sapere che, come forze sindacali, non li lasceremo soli. Da parte delle istituzioni è stata un po’ mollata la presa e per questo lavoratori e lavoratrici si sentono abbandonati a sé stessi».

Il riferimento è in particolare al «senatore Cicolani e al presidente della Provincia, Melilli che hanno seguito la vicenda da subito e che avevano – dice D’Antonio – preso anche degli impegni precisi. Ed invece i lavoratori ancora attendono una risposta. È ora che ci sia un po’ di onestà intellettuale e di aver il coraggio di ammettere che non si può fare nulla, anche se siamo convinti che, se si vuole, c’è la possibilità di arrivare ad una soluzione positiva. Ognuno deve assumersi le sue responsabilità».

Ed è anche quello che si aspettano i lavoratori quando chiedono un incontro proprio con tutte le istituzioni che si erano impegnate a risolvere l’annosa vicenda.

Se qualche settimana fa lo scoramento aveva sostituito la rabbia, oggi quest’ultima è tornata con prepotenza alla ribalta ed i lavoratori, ma anche le lavoratrici agguerritissime, portano avanti la loro battaglia, ovviamente metaforica, anche se le forze dell’ordine devono averli presi alla lettera visto che ormai la protesta e le riunioni vengono seguite a vista dalla polizia. «Non siamo dei delinquenti – dice arrabbiato uno dei lavoratori fermo nell’androne di palazzo Dosi – stiamo solo portando avanti le nostre idee e le nostre richieste. Di tutta la vicenda, ad oggi, l’unica cosa concreta è una denuncia a carico di alcuni lavoratori. E questo non credo sia giusto». Lo crediamo anche noi.