Come ogni anno, il 2 giugno la città di Rieti, all’unisono con il resto del Paese, ha festeggiato la Repubblica. Ma perché non sia solo un vuoto momento di parata, un passaggio di sterile retorica, sembra corretto soffermarsi a riflettere.
Ad esempio varrebbe la pena di domandarsi quanto siamo ancora sintonizzati con lo spirito delle origini. Nella sua essenza, la Repubblica di allora è come quella di oggi? Il sacrificio di chi è morto per affermare la libertà, oggi è tradito o rispettato?
Certo, non sono domande facili. E a confrontarsi con i massimi sistemi si corre sempre il rischio di fare qualche scivolone. Ma le cose potrebbero diventare più semplici se riduciamo il campo al contesto locale.
In questi giorni, ad esempio, c’è un certo dibattito sul prossimo bilancio del Comune di Rieti. Secondo il consigliere del Partito Democratico Bernardino De Marco, bisogna chiaramente annunciare ai cittadini la necessità di esternalizzare gli asili nido, di affidare a terzi la gestione del Manni, di ridurre i costi della cultura (teatro, museo, biblioteca) e di tenere alti i costi dei servizi. C’è poco da fare: il Comune deve incassare per pagare i fornitori ed evitare il dissesto. Saranno lacrime e sangue, ma a fin di bene.
L’invito è stato prontamente raccolto dall’Assessore al Bilancio Bigliocchi, che in una lettera aperta alla città conferma le linee generali della politica economica del Comune. Aggiungendo, peraltro, che non intende «guardare al passato, ma tracciare una linea da cui occorre ripartire». Sembra quasi che in Comune vada di moda la canzone napoletana: «chi ha avuto, ha avuto, ha avuto; chi ha dato, ha dato, ha dato: scurdammoce ‘o passato, simmo ‘e Napule, paisá!».
Evidentemente l’«impresa del risanamento e dell’equità», non consiste nel far pagare soprattutto chi in questi anni, colpevolmente o colposamente, s’è avvantaggiato dell’andazzo generale. L’equità va cercata nello scaricare su tutti i cittadini allo stesso modo il costo della malagestione. A chi tocca non s’ingrugna!
Va bene – o meglio, va male – ma che c’entra il 2 giugno direte voi?
Avete ragione, forse niente. Anche se proprio non riusciamo ad immaginarci i Padri costituenti contenti della messa all’asta degli asili, dei servizi per gli anziani, di ogni forma di assistenza. A che serve la Repubblica se non sa più farsi carico dei cittadini, se per mettere in ordine i conti rinuncia al suo ruolo di attore sociale, affidandolo a cooperative, associazioni, fondazioni?
A noi sembra che un conto sia erogare servizi perché è compito della Repubblica, un altro perché qualcuno possa guadagnarci sopra. Ma forse siamo semplicemente all’antica, e certe cose non le riusciamo a capire.
Una volta, però, le parole “Comune” e “Comunale” avevano un senso concreto, determinato, ben definito. Corrispondevano a cose solide, tangibili: la piscina, il teatro, i campi sportivi, la Sama, il Manni… Fino a pochi anni fa queste cose era facile sentirle proprie, sentirle di tutti. Con l’affido esterno questa sensazione si è di molto indebolita, quando non è del tutto scemata.
È possibile che queste strutture oggi siano tenute meglio che in passato, e forse l’Amministrazione risparmia qualcosa. Ma non sarà che quello che andiamo risparmiando in realtà l’abbiamo perso?