Alla ricerca della luce. Dialogo con Franco Corradini

Discreto successo per il doppio appuntamento di domenica 10 ottobre all’Auditorium dei Poveri. Una giornata che ha visto insieme le arti visive e quelle musicali per un pomeriggio all’insegna della cultura e della spiritualità. Una iniziativa che ha trovato il favore di tanti reatini. A condividere lo spazio con il pubblico sono stati il pittore piacentino Franco Corradini, con la sua mostra dedicata alle suggestioni raccolte sul Cammino di Santiago e il coro gospel Artem, che ha trascinato i presenti in una performance energica ed entusiasmante.

Ma cariche di forza espressiva e suggestioni sono anche le opere che il pittore ha messo in mostra sulle pareti dell’Auditorium dei Poveri. Una esposizione che guarda ad un percorso ben definito: «Questa è una mostra particolare per me – spiega Franco Corradini – perché è composta di due parti ben distinte. Una è composta da questi piccoli quadretti, quasi tutti su carta, che ho realizzato durante il mio cammino verso Santiago. Sono disegni piccoli perché sono stati tutti nel mio zaino. Qui racconto i paesaggi, i volti, le cattedrali. I quadri grandi, invece, s’intitolano “Buscando luz” e sono molto diversi da questi disegni. Sono quadri astratti, ma anch’essi sono nati sulla strada per Santiago: da quella luce, da quel silenzio, dalle emozioni provate camminando per un mese sul Cammino».

Il percorso di Santiago risuona con quello del Cammino di Francesco reatino, con il quale è gemellato. Ma c’è anche un altro legame tra la mostra e Rieti…

Sì, il legame è con l’istituto storico Massimo Rinaldi e risale a 12 anni fa. Sono stato a Rieti proprio per una mostra dedicata a Massimo Rinaldi: io sono di Piacenza e a Piacenza il vescovo dei miei nonni era il vescovo Scalabrini, che è stato un po’ il “papà” di Massimo Rinaldi. Ma sono legato anch’io alla figura di questo vostro vescovo – santo, si può dirlo – e qui ho portato un ritratto da donare agli amici dell’Istituto oltre a delle piccole litografie con il volto del venerabile. Quella di Massimo Rinaldi è una figura che sicuramente brilla anche fuori di Rieti. Conoscendo la sua vita si riconosce un uomo di una luce eccezionale.

In mostra abbiamo tele e disegni, ma la tua produzione abbraccia anche l’incisione, la ceramica, le vetrate artistiche. Verrebbe da chiederti casa sia la pittura…

È la domanda più difficile. È una domanda cui forse gli artisti non possono rispondere con le parole, ma solo con il lavoro. Io so che la pittura è un desiderio che non finisce mai, è la vita stessa, e fino all’ultimo giorno tu devi capire cosa vuoi esprimere: non bastano tutte le tecniche e le esperienze per venirne a capo. L’ultimo giorno, forse, dovremo ancora scoprire una cosa. Per me, in questi anni, l’interrogativo principale è stato il senso della luce, questa luce dall’alto che non è soltanto una luce fisica, ma è un desiderio interiore, una speranza, una ricerca di forma incessante.

Dal 1988 fa parte degli artisti della galleria Carzaniga & Ueker di Basilea. Le tue opere sono state esposte in numerose capitali europee: Parigi, Praga, Basilea, Barcellona, Berlino, Zurigo, Lugano, Milano, Genova. Hai partecipato alla Biennale di Venezia. I tuoi lavori figurano in diverse collezioni pubbliche, sia in Italia che all’estero. Perché esporre nell’Auditorium dei Poveri di Rieti?

Qui c’è anche il quadro che è stato alla Biennale. Ma questo è un posto splendido, un luogo bellissimo. Io sono felice di scoprire che un gruppo di artisti di Rieti abita qui, perché questo spazio evoca tante cose del passato, ma soprattutto una devozione, una spiritualità che non è fatta solo di forme architettoniche, ma da una presenza. È davvero un luogo da artisti, e davvero il vostro gruppo è invidiabile.

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