Religione della carne

Non è in crisi il senso religioso della gente. È in crisi il modo sbagliato di comunicare la fede da parte di chi ne dovrebbe essere esperto

Chissà se l’idea di Papa Francesco diverrà veramente una “felice consuetudine”. Se diverrà tale ancora una volta il Pontefice non avrà inventato niente di nuovo. Le “Quarantore” ci sono da secoli e in molte contrade ancora si fanno; anche in città. Nelle città più grandi addirittura c’è l’adorazione perpetua del Santissimo Sacramento.

Il Papa sta cercando di veicolare anche messaggi di tipo mediatico, o meglio, utilizzerà i media per trasmettere le cose più semplici della tradizione cristiana come le confessioni e l’adorazione del Sacramento.

Si potrebbe pensare che forse i media si dovrebbero usare soprattutto per veicolare altro: grossi concetti teologico-filosofici, disquisizioni pastorali ed ecclesiologiche, grandi progetti di riforma.

Invece no. Preghiera, ascolto della Parola di Dio, confessione dei propri peccati, revisione di vita.

Ma alla gente gliene frega? Sì, sembra proprio di sì. E forse la partecipazione all’iniziativa “24 ore per il Signore” supererà le aspettative.

Non è in crisi il senso religioso della gente. È in crisi il modo sbagliato di comunicare la fede da parte di chi ne dovrebbe essere esperto. I pulpiti non li vuole più nessuno. Bisogna scendere dal pulpito, non in senso fisico-materiale, ma metaforico: troppi maestri a parole e pochi fatti.

Il cristianesimo e la Chiesa ancora piacciono al popolo, perché il cristianesimo è la religione della “carne” e non del solo spirito, anche dello spirito, anzi soprattutto dello spirito, ma di uno spirito che passa attraverso la carne.

Lo vedremo nell’ostensorio: un pezzo di Pane fermo lì. Immobile, apparentemente insignificante, quasi insapore, inodore, innocuo. Bianco.

Carne. Se non mangiate del corpo del Figlio dell’uomo non avrete in voi la vita. Carne, sangue. Vita.

Guardare e adorare quel corpo, quella carne. Guardare ed esplorare il proprio sé. Dentro la nostra carne vediamo la nostra vita, la nostra condotta, le nostre miserie, le nostre infedeltà, ma anche la nostra capacità di donarci, di migliorare, di purificarci.

Il nostro spirito abita dentro la carne e si esprime nella carne. Il logos si è fatto carne e abita dentro un comune pezzo di Pane senza lievito.

Guardare la nostra carne, i nostri corpi, le nostre azioni, il nostro vissuto relazionale, le nostre attività pastorali, significa saper fare autocritica e scavare dentro per far emergere la parte buona dello spirito, il logos che abita in noi.

Non si tratta di essere disfattisti, ma non si può neppure continuare a fare sempre le stesse cose senza innovare nulla.

La paura di cambiare è troppa! Diciamo sempre così: “Era meglio aspettare! È una scelta prematura! Ci vuole tempo per cambiare le cose. Bisogna consultare, discutere, approfondire”.

Il momento di cambiare non può essere sempre dilazionato, per non urtare qualcuno che potrebbe prendersela a male: è una tecnica tanto in uso anche nella Chiesa!

La religione della carne richiede scelte coraggiose, dirompenti. Come ha fatto Gesù. Ha donato la sua carne, facendola massacrare a chi non ha saputo corrispondere all’amore, ma ha fatto passare il suo Spirito per quella carne donata in modo cruento.

Succede ancora oggi, che la carne fa passare le anime, gli spiriti: così nell’unione fisica di chi si ama. O si fanno passare gli spiriti o si tratta di soli esercizi ludico-ginnici.

Così pure nella liturgia: o si fa passare lo spirito o si tratta solo di vuoti riti, anche ripetitivi e noiosi.

Quando si dona il corpo si dona l’anima, la vita, la storia. Così quel Corpo esposto sull’altare, nella sua mistica nudità, ci trasferisce l’anima, lo spirito, il logos, la vita, la storia.

“24 ore per il Signore” in realtà saranno “24 ore per noi”, per i nostri corpi, le nostre anime, le nostre storie. Ne sarà valsa la pena di averle vissute in pienezza.

One thought on “Religione della carne”

  1. Luigi Conti

    I nostri Padri, di cui a volte con ignoranza e pressappochismo osiamo parlare male, ma che avevano scoperto tutto prima che ci ammattissimo a riscoprirlo noi, lo dicevano in tre parole:
    CARO CARDO SALUTIS. Grande verità

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