Professo un solo Battesimo per il perdono dei peccati

Nel capitolo quinto e sesto della Lettera ai Romani, S. Paolo ci presenta Cristo Gesù come il capostipite degli obbedienti (“regneranno nella vita per mezzo del solo Gesù Cristo”, l’uomo nuovo, che ci fa “camminare in un vita nuova”), in opposizione ad Adamo che fu il capostipite dei disobbedienti (“la morte ha regnato a causa di quel solo uomo”). Noi entriamo nella sfera di questo avvenimento, di questa logica, attraverso il Battesimo: “Non sapete che, se vi mettete a servizio di qualcuno come schiavi per obbedirgli, siete schiavi di colui al quale obbedite: sia del peccato che porta alla morte, sia dell’obbedienza che conduce alla giustizia? Rendiamo grazie a Dio, perché eravate schiavi del peccato, ma avete obbedito di cuore a quella forma di insegnamento alla quale siete stati affidati. Così, liberati dal peccato, siete stati resi schiavi della giustizia” (Rm 6,16-17).

Nel Battesimo è avvenuto un cambiamento di padrone, un passaggio di campo: dal peccato alla giustizia, dalla disobbedienza all’obbedienza, da Adamo a Cristo. La Liturgia battesimale ha espresso tutto ciò attraverso l’opposizione: “Rinuncio – Credo”. Nell’antichità, esistevano, in alcuni rituali battesimali, dei gesti che visualizzavano, per così dire, questo avvenimento interiore. Il battezzando si voltava prima verso occidente, considerato simbolo delle tenebre, e faceva segno di ripudio e di allontanamento da Satana e dalle sue opere; quindi si voltava verso oriente, simbolo della luce, e, inchinandosi profondamente, salutava Cristo come suo nuovo Signore.

L’obbedienza a Cristo è dunque, per la vita cristiana, qualcosa di costitutivo; è il risvolto pratico e necessario dell’accettazione di Cristo Signore.

Nel Battesimo, noi abbiamo accettato un Signore, un Kyrios,, però un Signore umile e “obbediente”, uno che è diventato Signore proprio a causa della sua obbedienza, “Obbediente fino alla morte” (Fil 2,8-11), “Pur essendo Figlio, imparò l’obbedienza … e divenne causa di salvezza eterna per tutti coloro che gli obbediscono” (Eb 5,8-9). L’obbedienza qui non è tanto “sudditanza” quanto piuttosto “somiglianza”: obbedire a un tale Signore è somigliargli, perché anche lui ha obbedito.

Troviamo una splendida conferma del pensiero di Paolo, nella Prima Lettera di Pietro. I fedeli sono stati “scelti secondo il piano stabilito da Dio Padre, mediante lo Spirito che santifica, per obbedire a Gesù Cristo e per essere aspersi dal suo sangue” (1 Pt 1,2). La vocazione cristiana è una vocazione all’obbedienza! Poco più avanti, nella stessa Lettera, S. Pietro definisce i fedeli con una formula assai suggestiva: “figli obbedienti” o meglio “figli dell’obbedienza” (1 Pt 1,14) che non è un semplice ebraismo, perché l’autore ispirato spiega subito che i cristiani sono stati “purificati”, nel Battesimo, “con l’obbedienza alla verità” (1 Pt 1,22). Scopriamo che l’obbedienza nel Battesimo, prima che virtù, è dono, prima che legge, è grazia. La legge “dice” di fare, mentre la grazia “dona” di fare.

(da: La vita in Cristo. Il messaggio spirituale della Lettera ai Romani)

Per gentile concessione della casa editrice Ancora.