Primarie del Centrosinistra: Simeoni

Mentre le acque del centro destra sono ancora confuse, a sinistra, finita la battaglia sui nomi, si va avanti nel processo di definizione dell’aspirante sindaco attraverso lo strumento delle primarie. Nel tentativo di conoscere meglio i candidati e capirne le intenzioni, questa settimana guardiamo in casa del Partito Democratico.

Analizzando la Provincia di Rieti sotto il punto di vista economico il primo dato che ci colpisce nell’anno 2010 è il PIL pro capite che si attesta sui 21.000 euro, un valore, come si evince dallo studio della Camera di Commercio di Rieti, inferiore a quello medio regionale che si trova attorno ai 30.000 euro e nazionale, che supera di poco i 25.500 euro.

Questo dato, anche se statistico, configura un territorio dove il risparmio non è più l’obiettivo, possibile, della popolazione. Analizzando la situazione dal profilo demografico, altri due fattori dovranno far riflettere chi si occuperà di dare corpo ad un modello di sviluppo territoriale. Il primo è un incremento di popolazione che in questi ultimi anni è derivato principalmente dall’immigrazione. Il secondo è il progressivo invecchiamento della popolazione: i residenti sopra i 65 anni costituiscono infatti il 22,7% della popolazione.

Sono dati che portano a ragionare su un contesto in cambiamento, nel quale popolazione straniera che si stabilisce porta costumi, modelli e stili di vita che si modificheranno negli anni, mentre l’invecchiamento della popolazione frena la costruzione di un modello di sviluppo propenso all’innovazione e alla creatività. A fronte di ciò gli attori politici sono sempre gli stessi, anche perché i più giovani non si avvicinano quasi alla politica.

Francesco (Franco) Simeoni conosce bene il territorio. Essendo stato segretario provinciale e poi regionale della CISL comprende nel profondo i problemi legati al territorio e al mondo del lavoro. Di fronte alla sua candidatura alle primarie del centro sinistra in vista delle prossime elezioni comunali è quindi interessante ascoltare il modo in cui interpreta la situazione.

La lettura di questi dati quali riflessioni ti impongono?

Conosco la ricerca della Camera di Commercio. In effetti, guardando i dati del 2010, Rieti è l’unica provincia del Lazio a registrare un PIL in diminuzione, addirittura dell’1,6%. Aspettando i risultati del 2011, però, mi sembra giusto sottolineare che nel lungo periodo Rieti, nel Lazio, è seconda soltanto a Viterbo, registrando una crescita media annua del 3,3% negli anni dal 2003 al 2010. Le caratteristiche dell’economia reatina, comunque, evidenziano un legame strettissimo con l’area romana e un dato merita di essere sottolineato: il 22% delle persone che hanno un lavoro e che sono residenti nella nostra provincia lavora fuori dal nostro territorio ed il 71,6% (di questo 22%) è occupato a Roma. Diminuendo la ricchezza, mi sembra ovvio dover fare i conti con una minore capacità di crescita del risparmio, ma qui il discorso si fa scivoloso e sarebbe bene soffermarsi sulla destinazione che, in passato, hanno avuto le risorse finanziarie raccolte nel nostro territorio.

Bisogna guardare alle potenzialità specifiche del reatino?

La Rieti di oggi è profondamente diversa da quella di venti anni fa, anche dal punto di vista anagrafico, e non è più rinviabile l’individuazione di un modello di sviluppo che ne valorizzi le specificità territoriali. Una riflessione va fatta, però, su questo benedetto “prodotto interno lordo”, a cui hai fatto riferimento nella domanda. La contabilità dello sviluppo economico si fa sempre con il Pil, ma credo che sia arrivato il momento di utilizzare anche altri indicatori, come la qualità della vita, del sociale, dell’ambiente, per valutare le condizioni di un territorio.

Cosa ti spinge a candidarti?

Forse, la speranza di poter contribuire alla crescita di una classe dirigente che sappia mettersi davvero al servizio del bene comune. Rieti ha bisogno di reatini che sentano il dovere di mettersi in discussione, con trasparenza, e che non limitino l’orizzonte del loro impegno al proprio destino di dirigente o di politico. Rieti deve essere protagonista del proprio futuro e non può rassegnarsi all’attesa di gentili concessioni dall’alto. Credo di poter essere utile alla realizzazione di questo progetto.

Perché non riusciamo a far decollare un progetto di sviluppo territoriale facendo tesoro di quello che abbiamo?

Un progetto di sviluppo non basta pensarlo, scriverlo e sottoscriverlo. Deve essere coerente con le potenzialità del territorio ed in grado di integrarsi con la realtà economica esistente, ma se i soggetti che lo firmano, poi, non sono in grado di farlo camminare è del tutto inutile. Vanno create, o rafforzate, o semplicemente attivate le relazioni necessarie ad inserire la nostra economia locale in un processo di internazionalizzazione crescente che includa, in particolare, anche il sistema di micro e piccole imprese che rappresenta una opportunità notevole del nostro territorio. Il recente viaggio in Cina della direttrice della CNA di Rieti Enza Bufacchi è un esempio di vitalità di questo settore.

Il tema dell’acqua: le Sorgenti Peschiera – Le Capore cosa ti fanno pensare?

Ad una grande occasione mancata, ma anche all’arroganza del potere istituzionale. L’idea che la Giunta Polverini voglia costituire, entro questo mese, un ATO unico regionale mi sembra un atto di violenza contro il nostro territorio. La Polverini non è nuova a queste invenzioni che scaricano fuori Roma i problemi, quando ci sono. Basti ricordare l’idea di organizzare il servizio sanitario regionale per macro-aree, al fine di scaricare sulle altre quattro province il taglio dei posti letto. Le sorgenti del Peschiera – Le Capore sono il secondo bacino idrico d’Europa e, purtroppo, il loro sfruttamento (non uso la parola “utilizzo”) è un esempio eclatante di arroganza del potere istituzionale di Roma Capitale e del potere economico di ACEA spa. Credo che la prossima amministrazione comunale di Rieti se ne debba occupare seriamente.

L’università deve essere vista come un’azienda e il sapere come una merce?

La conoscenza è un diritto e la scuola, in generale, deve essere un servizio. Anche il Concilio Vaticano II riconosce espressamente il diritto alla cultura e non si limita ad enunciarne il principio, affermando la necessità di operare perché l’uomo ne prenda coscienza.

I giovani e il lavoro, come conciliare questo binomio?

La formazione, di qualunque tipo sia (universitaria, scolastica, professionale, on the job), è un fattore determinante per l’inserimento nel mercato del lavoro. Sarebbe, quindi, auspicabile un maggior collegamento tra sistema formativo e tessuto produttivo.