Pippo Civati: il ramo sinistro del PD

Uno scoop. Una scoperta sensazionale. Un terremoto. Il raffinato circolo dei filologi e studiosi di lingue morte è in subbuglio. Si prevede il macero per centinaia di testi di letteratura latina. Secondo la tesi di un brillante ricercatore, il celebre “Carpe diem” va attribuito ad Ovidio, con buona pace di chi si intestardisce ad infilarlo a forza fra le odi oraziane. Come è stato possibile, finora, un tale fraintendimento?

Diamine, due autori così diversi! A parte la vaga assonanza dei nomi, tutto li divide! La comunità scientifica si interroga cauta, scettica ed attonita, ma già si dispone ad omaggiare la nuova tesi, se servirà ad ottenere qualche congruo finanziamento pubblico.

CivatiA chi è dovuta la mirabile novità? È presto svelato: a Giuseppe Civati, vulcanico quarantenne, gran frequentatore di convegni, simposi, seminari di ricerca, che tuttavia non gli impediscono di sedere di tanto in tanto sugli onorevoli scranni di Montecitorio. La sua rivelazione si trova a pagina 4 di un libricino fresco di stampa, dal titolo azzeccato e previdente di “Qualcuno ci giudicherà”.

Fra l’altro, l’autore sembra anche un po’ reatino, avendo probabilmente frequentato nella nostra città alcuni seminari di letteratura latina, ad alto tasso di erudizione. Nella sua opera si può ravvisare l’influsso di Lambertino Emiliofili, e del compianto Giorgio Di Fazi, che tante scoperte, polemiche e satire ci ha lasciato in eredità. Quanta cultura, che profondo respiro classico, quanto rigore nel libro, pur connotato da un carattere elitario ed a tratti quasi specialistico.

Non è possibile render conto di tutti i suoi pregi in questa breve nota. Basti qualche esempio. Acuti i passi sull’Eneide, attualissimi i passi su «Mors tua vita mea», sul «flatus vocis» e sul «finis terrae». Bello il riferimento all’«amor loci», elegante il «semel in anno» di pag. 80, insuperabile il «toto corde» di pag. 14.

Apprendiamo con rammarico, fra l’altro, che «le bacchette magiche non funzionano», che i nostri sfortunati tempi consistono in una «costante accelerazione del nulla», e che è tempo di «abbandonare il nostro esasperato narcisismo».

Non mancano i riferimenti a Zenone di Elea, al porcellum ed a don Fabrizio Corbera principe di Salina.

Quanto sano eclettismo! Il Civati Giuseppe, detto Pippo, sa travalicare gli angusti confini delle epoche e le rigide suddivisioni disciplinari. Toccante l’analisi comparatistica delle opere di Nicola Di Bari e Antonio Skarmeta, unite da un poetico arcobaleno. E poi quante citazioni! Anassagora, Giona, Ninive, Scilla e Cariddi, Dante, Machiavelli, «la Sambenedettese che sfida il Real Madrid», San Cristoforo, Plinio il Vecchio («ex Africa semper aliquid novi»), Omero, Anton Cechov, Enrico IV, Matilde di Canossa, e tanti, tanti altri.

Geniale, infine, l’esortazione che conclude il bel libro, dandoci la misura dello spessore umano, politico e culturale dell’Autore. Appellandosi al Manzoni, infatti, egli ci invita a frequentare… il ramo sinistro del lago di Como (sic). Che originale metafora, che squisita intuizione, che puntuale individuazione del lato giusto! Una indicazione assai mobilitante! E bravo Civati. Chi può dire che non abbiamo quel che ci meritiamo?

Post scriptum

Alcuni amici pietosi, letto il nostro articoletto, ci hanno giustamente criticato. Siamo un pò faziosi ed ostili, e non abbiamo colto, nel libro di Civati, lo spirito “pop” e la stringente attualità.

Ci fanno anche osservare che abbiamo sottovalutato i riferimenti a Harry Potter, alla Settimana Enigmistica, a Woody Allen, a Kennedy, a John Locke, a «Elio, quello delle storie tese», a Palombella rossa, a Vittorio De Sica, a Innocenzo Cipolletta, a Steve Jobs, all’«Expo sostenibile», ad Anna Magnani, al fiume Lete, a Matrix, a Morpheus, a “Il nome della rosa”, al latte di soia.

Ci rimproverano, inoltre, di non aver compreso il significato profondo della parola d’ordine civatiana: «L’Italia non deve fare la Svezia o il Canada, deve fare l’Italia».

Facciamo pubblica ammenda. Hanno ragione gli amici, e noi torto. Ci capita spesso di… non capire, siamo testardi come muli. Forse come l’asino di Apuleio. Ricordate? L’asino d’oro. Solo che noi non siamo così… pregiati.

Anzi, siamo al verde, e se organizzate una piccola colletta, ve ne saremo grati. Promettiamo di non usarla per finanziare Civati.

Distinti saluti.