Pio XII nel mirino dei nazisti

Le testimonianze ricostruite dallo studioso e giornalista Mario Dal Bello

“Al processo di Norimberga, Joachin von Ribbentrop (il ministro degli esteri della Germania nazista, ndr.) affermò che con le proteste di Pio XII si sarebbero potuti riempire interi archivi, tanto erano numerose”.

È una delle numerose testimonianze presenti nell’appendice di “La congiura di Hitler. Il rapimento di Pio XII” (Città Nuova, 153 pagine), recente opera dello studioso e giornalista Mario Dal Bello, che provano come papa Pacelli non rimase con le mani in mano nei confronti del nazismo. Davanti a lui c’era una scelta: o rendere nota una condanna totale della politica nazista, con il rischio della persecuzione dei cattolici presenti nelle zone occupate e l’accelerazione della soluzione finale in tutta Europa, o tentare la via della protesta privata, attraverso riferimenti indiretti nelle encicliche e incontri con le autorità italiane e tedesche. Pio XII scelse la seconda, per poi decidere, alla fine, di far aprire le strutture ecclesiali per accogliere i perseguitati, non solo ebrei. Alcuni hanno messo in piedi però una strategia atta a dipingere il pontefice romano come succube di Hitler e indifferente alla shoah. Scatenando reazioni anche all’interno dello stesso mondo ebraico: come nota l’autore, “l’ex console israeliano a Milano, Pinchas Lapide, manifesta la sua stima per papa Pacelli. Secondo lui, ha contribuito a salvare in tutta Europa dai 700 agli 800mila ebrei”.

Mussolini e soprattutto Hitler erano infuriati con Pio XII, tanto che il Fϋhrer aveva deciso di rapirlo per “difenderlo” dai suoi nemici, in realtà per togliersi di torno quello che egli considerava ormai un nemico a tutti gli effetti. Ma era già pronta una contromossa: il pontefice (lo storico israeliano Krupp afferma che non solo Pio XII ha salvato più ebrei di tutti gli altri leader mondiali, ma lo ha fatto standosene nell’occhio del ciclone, nella Roma occupata dai Tedeschi, correndo pericoli serissimi) aveva preparato un documento in cui appariva la propria abdicazione nel caso fosse stato catturato. I rischi che il pontefice correva erano infatti diversi: era in pericolo la sua incolumità personale, quella dei propri cari, dei vescovi e dei sacerdoti, oltre che dei fedeli: uno dei piani di Hitler era quello di far irrompere in Vaticano SS travestite, sparare sui presenti, rapire il papa, se non ucciderlo, dando poi la colpa ai partigiani comunisti. Le ricostruzioni di un Vaticano alleato dei Nazisti sono passate al setaccio e attaccate da Dal Bello, che presenta, documenti e testimonianze alla mano, ben altra realtà: “Il papa ha lottato: prigioniero di fatto, in Vaticano, stretto tra le forze tedesche e quelle degli Alleati. Come Benedetto XV ha voluto essere al di sopra delle parti”. L’autore mostra come – e questo è stato uno dei punti che hanno causato molte critiche al pontefice – Pio XII abbia tenuto fermo il problema dell’unità dei cattolici invitando sempre alla moderazione, in momenti in cui la voce era unicamente quella delle armi, scontentando sia la Resistenza che i Nazifascisti.

Ma quando fu chiaro che le forze oscure avevano preso il sopravvento al di là di qualsiasi funesta immaginazione, il Papa non ebbe dubbi. Gli aiuti ai perseguitati, ai ricercati per motivi politici, agli ebrei lo fecero diventare il prossimo nemico da eliminare, una volta sbrigata la pratica sovietica: “Nel suo diario Goebbels annota il 24 maggio 1942: ‘Il Fϋhrer è inesorabilmente determinato ad annientare le Chiese cristiane dopo la vittoria’”. Il generale Lahousen, ufficiale del controspionaggio tedesco, affermò, durante il processo di Norimberga, che Hitler intendeva “liberare Mussolini e liquidare il papa e il re”. Il fatto è che la posizione di Pio XII, anche quando era nunzio a Monaco, risentiva dello spirito dei tempi, vale a dire dell’oscillazione violenta tra comunismo rivoluzionario e reazione militare: un ufficiale del movimento rivoluzionario gli puntò la pistola al cuore e solo l’intervento della delegazione militare italiana impedì il peggio. Dal Bello ha il merito con questo contributo di sgombrare il campo della questione da molti facili e scontati luoghi comuni e di contribuire alla ricerca della verità storica.