Visita di Papa Francesco domenica 28 gennaio nella basilica minore di Santa Sofia a Roma (via di Boccea 478). «Una consolazione» per tutto il popolo ucraino, vittima da quattro anni della «più grande crisi umanitaria dopo la II guerra mondiale».
«La presenza domenica del Santo Padre tra noi – dice Sviatoslav Shevchuk – risponde a tante nostre domande. Ci dice: non siete soli. Dio non vi ha dimenticato».
Una consolazione. Così Sua Beatitudine Sviatoslav Shevchuk, capo e padre della Chiesa greco-cattolica ucraina, definisce non nascondendo una forte commozione la visita che Papa Francesco farà domenica prossima alla basilica minore di Santa Sofia a Roma e alla comunità ucraina di Roma.
Una visita che «tocca il tessuto umano di tutti gli ucraini e “il cuore» di un Paese che da quattro anni sta soffrendo l’aggressione di una forza esterna che ha provocato milioni di sfollati, morti e feriti. Un conflitto che il cardinale segretario di Stato, Pietro Parolin, ha definito una guerra dimenticata.
Nessuno più ne parla. Il conflitto ucraino non fa più notizia ma in realtà «è la più grande crisi umanitaria dopo quella della seconda guerra mondiale».
«La gente che vive una simile sofferenza – confida Shevchuk – si pone una serie di interrogativi: perché? Dio ci ha abbandonato? Siamo soli e siamo dimenticati da tutti? La presenza domenica del Santo Padre tra noi risponde a queste domande. Ci dice: ‘Non siete soli. Dio non vi ha dimenticato’».
I numeri del conflitto.L’Ucraina è un Paese che si estende per 600mila chilometri quadrati in cui risiedono 42,5 milioni di abitanti: da 4 anni il 7% del territorio ucraino è occupato. Nella parte orientale del Donbass, prima della guerra, vivevano 5 milioni di abitanti. Ora a causa del conflitto ne sono rimasti solo 2 milioni. Secondo le stime internazionali, l’Ucraina conta 2 milioni di sfollati interni, persone in fuga dalla guerra che hanno trovato rifugio all’interno del Paese.
«Gli scontri militari continuano ogni giorno», prosegue nel suo drammatico racconto il capo degli ucraini greco-cattolici. «Le scuole sono distrutte e
la città di Lugansk è deserta. Ci sono condomini con 2/3 persone. È una guerra che non solo continua ma si aggrava sempre di più».
Shevchuk lancia poi un monito: è in corso nel Paese anche la minaccia di una catastrofe ecologica dovuta alle numerose miniere di carbone presenti nella regione che, in seguito al conflitto, sono state chiuse e si sono riempite di acqua.
Il rischio è che a causa di esplosioni nel sottosuolo, si possa provocare il pericolo di contaminazione dell’acqua potabile. Papa Francesco segue la situazione e, due anni fa, ha lanciato un’iniziativa Papa per l’Ucraina a supporto della popolazione locale.
Ha personalmente devoluto 5 milioni di euro ai quali si sono aggiunti i 15 milioni di euro raccolti con una colletta “straordinaria” che ha visto protagoniste attive tutte le Chiese europee.
L’invito e “la speranza”. Il Papa è stato invitato a recarsi nella basilica minore di Santa Sofia a Roma ed ha accolto l’invito immediatamente facendo di Santa Sofia la prima visita, nell’anno 2018, a una parrocchia romana.
«Speriamo – aggiunge Shevchuk – che questo possa essere profetico, possa cioè incamminare i nostri piedi verso la pace in terra ucraina».
Il Papa è stato più volte invitato ad andare in Ucraina sia dal governo sia dai vescovi latini e bizantini. Sua Beatitudine non nasconde che se, a livello di base, la divisione tra le Chiese cristiane non si capisce, dopo il conflitto nel Donbass «si sono inasprite le tensioni tra le Chiese istituzionali dell’Ucraina».
Ma «la gente si attende dalla Chiesa una luce per uscire dalla crisi e costruire vie di pace e di futuro nel paese sulla base dei valori cristiani».
Gli ucraini in Italia, quanti sono e cosa fanno. Ad accogliere il Papa domenica 28 gennaio ci saranno almeno 3mila persone. Sono per lo più immigrati e donne «costrette a lasciare la loro patria per guadagnarsi da vivere e inviare soldi per mantenere la famiglia in Ucraina».
Santa Sofia è, infatti, punto di riferimento per la numerosa comunità ucraina a Roma. Gli ucraini in Italia sono ufficialmente 200mila, ma in realtà se ne contano almeno il doppio e rappresentano la quinta popolazione straniera per numerosità. A Roma gli ucraini sono 14mila. Il loro numero cresce ogni anno e per venire incontro alle esigenze di tipo pastorale, su tutto il territorio italiano, ci sono 145 comunità greco-cattoliche ucraine, con 62 sacerdoti.
È un popolo dalla fede profonda: ogni domenica, le comunità greco-cattoliche vedono la presenza di circa 17mila fedeli, una cifra che sale a più di 70mila unità durante le festività. È la terza volta che un Papa visita la basilica minore di Santa Sofia: il primo fu Paolo VI che la consacrò nel 1969. Poi fu la volta di Giovanni Paolo II nel 1984.
La visita inizierà alle 16. Il Papa sarà accolto da Shevhuck, che lo condurrà all’interno della basilica. Lì, si terrà una breve preghiera e un canto natalizio. I fedeli delle Chiese orientali sono infatti ancora nel periodo natalizio che terminerà il 18 febbraio con la festa della presentazione di Gesù al tempio.
Quindi, Sua Beatitudine darà un indirizzo di saluto e presenterà la comunità ucraina. Anche il Papa terrà un discorso, saluterà i rappresentanti della comunità e andrà in preghiera nella cripta della basilica dove è sepolto il vescovo Stepan Chmil, cui Francesco è particolarmente legato. Fu infatti padre Chmil a insegnargli ad assistere alla Messa di rito ucraino, aprendolo a una “liturgia diversa”.
Al Papa saranno poi presentate le persone che quest’anno hanno ricevuto “le onorificenze” del beato martire Emiliano Kovch, morto nel campo di concentramento di Majdanek, dando la vita per salvare degli ebrei durante la Shoah.
«Quando ci chiedono chi sono gli ucraini in Italia e quale missione vogliono svolgere in questo Paese – ha concluso Shevchuk – noi diciamo che il beato Kovch è la nostra risposta: siamo qui in Italia per costruire ponti».