Ospedale, Iacopini (Diocesi di Rieti): «È ora di cambiare»

Il caso dei mancati stipendi agli operatori sanitari interinali dell’ospedale di Rieti ha nuovamente sollevato l’attenzione sulle anomalie del sistema salute della nostra città.

Un tema sul quale registriamo la posizione di Nazzareno Iacopini, direttore dell’Ufficio Diocesano per la Pastorale della Salute di Rieti.

Direttore, è esploso il “caso” degli interinali in ospedale.

La faccenda è talmente grave che non riesco neppure ad per esprimere lo sconcerto. Probabilmente una parola definitiva su questa faccenda l’ha detta il Ministro della Sanità Beatrice Lorenzin durante la sua visita a Rieti, sostenendo che ci troviamo più di fronte ad una ipotesi di reato che a un disguido amministrativo.

Ma al di là dei mancati stipendi, e dei contributi non versati, non c’è un problema di sistema?

Credo proprio di sì. Non sembra davvero il caso di affidare la salute di una provincia ad un sistema completamente basato sulla precarietà di chi eroga i servizi. 230 lavoratori interinali dentro un ospedale sono una pazzia lucida. Perché la serenità e le tutele degli operatori sanitari, sono anche una garanzia per la qualità del servizio reso ai sofferenti. Tanto più quando, come nel caso del nostro ospedale, il rapporto tra operatori e pazienti è del tutto insufficiente. Come Chiesa siamo molto preoccupati da questa situazione. I turni che sentiamo svolgere dal personale non sono accettabili. E occorre cambiare direzione prima di piangere lacrime di coccodrillo di fronte a qualche incidente.

Possiamo dire che in sanità esiste un caso Rieti?

Purtroppo è così. Tanto per fare un esempio, nelle riunioni della Consulta Regionale della Pastorale per la Salute del Lazio, è un continuo chiedere notizie di quello che ogni giorno emerge dalle cronache. Spesso mi trovo in difficoltà a rappresentare la nostra situazione sanitaria. È evidente: è tempo di mettere rimedio.

La Chiesa locale da tempo sta lanciando segnali importanti in questa direzione…

Infatti. Non a caso abbiamo lavorato tantissimo perché potessimo avere la visita del’Arcivescovo Zygmunt Zimowski. È il presidente del Pontificio Consiglio e responsabile ecumenico per la Pastorale della Salute. Volendolo definire in un modo un po’ improprio, è il ministro della sanità della Chiesa. Sarà sicuramente un momento di grande arricchimento spirituale. Ma abbiamo fede che una rinnovata attenzione alla nostra situazione non potrà che sollecitare interventi positivi in vista di una ripresa di tutto il sistema salute della provincia.

La parola d’ordine sembra essere «Salviamo l’Ospedale di Rieti»!

In campo sanitario, e non solo, è la priorità. Da troppo tempo stiamo lasciando andare pezzi importanti dei nostri servizi e della nostra economia. È necessario uno scatto di orgoglio che ci ridia il coraggio di difendere quello che abbiamo conquistato negli anni – come ad esempio l’Hospice – e rilanciare lo sviluppo. Sembra strano che queste sollecitazioni vengano fatte da un ufficio pastorale. Ma forse ha ragione Nichi Vendola quando dice che oggi la Chiesa fa il lavoro che non fa più la politica.

A proposito dell’Hospice: come va la “fase transitoria”?

Molto bene, siamo molto soddisfatti della soluzione trovata insieme alla Direzione Generale della Asl. L’impegno e l’affetto verso la struttura da parte del personale e dei volontari è stato grandissimo. Ora si tratta di vedere in che modo sarà riorganizzato il servizio. Proprio perché la salute non può essere un tema di precariato, e nemmeno di buona volontà.