#OceanDay: hashtag della settimana

L’8 giugno è stata la giornata mondiale degli oceani. Lo slogan scelto per il 2017 è “I nostri oceani, il nostro futuro”, con una nota particolare sull’inquinamento derivato, in particolar modo, da bottiglie e sacchetti di plastica: ce n’è talmente tanta che, secondo un recente studio, potrebbe addirittura superare (per peso) la quantità di pesce entro il 2050, se non si inverte la rotta.

L’8 giugno è stata la giornata mondiale degli oceani. E l’hashtag #OceanDay è diventato uno dei più twittati dagli utenti dei social. L’idea di porre l’attenzione sulle immense vastità d’acqua del pianeta era nata già nel 1992 su proposta di alcuni centri di ricerca canadesi, ma è solo con il riconoscimento, avvenuto nel 2008, da parte delle Nazioni Unite che l’Ocean Day diventa ufficiale.
Lo slogan scelto per il 2017 è “I nostri oceani, il nostro futuro”, con una nota particolare sull’inquinamento derivato, in particolar modo, da bottiglie e sacchetti di plastica: ce n’è talmente tanta che, secondo un recente studio, potrebbe addirittura superare (per peso) la quantità di pesce entro il 2050, se non si inverte la rotta. A pochi giorni dalla dichiarazione di Donald Trump sull’abbandono da parte degli Stati Uniti dell’accordo sul clima di Parigi, gli scienziati del Mercator Ocean, il centro francese con sede a Tolosa che attraverso i dati satellitari monitorano i nostri mari tornano a lanciare l’allarme. Le acque del pianeta sarebbero “sempre più calde con il conseguente innalzamento del livello a causa dello scioglimento dei ghiacci perenni e artici. Inoltre, sottolineano i ricercatori, nelle acque si sta verificando un processo di acidificazione dovuto all’eccessiva presenza di anidride carbonica. Se dovesse continuare questo processo, presto l’acqua diventerebbe un ambiente invivibile per molte specie marine”. Quel riscaldamento negato da Donald Trump, ma confermato dalla scienza, oltre che dall’occhio di chiunque si trovi di fronte allo sbiancamento delle barriere coralline.
Allora, se il responsabile dei danni è l’uomo, il Segretario delle Nazioni Unite ha ammonito: “Dobbiamo mettere da parte i vantaggi nazionali a breve termine, per prevenire una catastrofe generale di lungo periodo”, soprattutto perché “preservare i nostri oceani”, che coprono due terzi del pianeta, “e usarli in modo sostenibile, vuol dire preservare la vita stessa”.
Insomma, basta egoismi. Gli stock di pesce sono al collasso, l’innalzamento dei mari si fa più minaccioso per le città costiere. Dunque, la risposta è agire. Si rincorrono nel mondo iniziative di sensibilizzazione ad ogni livello. La conferenza Onu vuole dare impulso all’attuazione in particolare all’obiettivo 14 degli impegni dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile. E a fine Conferenza ciascuno indicherà i propri impegni nel “Registry of Commitments”.
L’Unesco – che nell’occasione ha diffuso un report – sollecita i Paesi del mondo a condividere le conoscenze per realizzare politiche comuni basate sulla scienza. Ma è soprattutto sui giovani (metà della popolazione mondiale ha meno di 25 anni) che si vuole far leva per salvare gli oceani ma anche il loro futuro. E come ha detto Papa Francesco nella sua Enciclica Laudato si’, ognuno di noi, grandi e piccoli, è chiamato a proteggere la nostra casa comune.