Scienze

Nuove scoperte nella diagnosi di malattie neurodegenerative

Un recente studio dimostra come alla presenza di un danno cerebrale neurodegenerativo spesso si accompagnano nel sangue livelli elevati di una specifica proteina. Ecco i risultati.

Il trend demografico stabilizzatosi negli ultimi anni parla chiaro: la nostra società sta inesorabilmente “invecchiando”, lasciando presagire per l’immediato futuro un plausibile aumento di patologie neurodegenerative, tipicamente connesse all’età anziana.

Da qui l’urgenza per la ricerca medica di individuare strumenti efficaci per una diagnosi precoce e per possibili terapie.
In questa prospettiva vanno inquadrati i risultati di un recente studio, che dimostrano come alla presenza di un danno cerebrale neurodegenerativo spesso si accompagnino nel sangue livelli elevati di una specifica proteina, detta “neurofilamento leggero” (NfL, Neurofilament light Chain). Lo studio (pubblicato su “Nature”) è stato condotto da un gruppo internazionale di ricercatori della Washington University School of Medicine a St. Louis (Usa) e del German Center for Neurodegenerative Diseases a Tübingen (Germania), coordinato da Stephanie A. Schultz.

Tale correlazione biologica emerge dall’attenta osservazione di un gruppo di persone portatrici di una variante genetica che causa lo sviluppo precoce della malattia di Alzheimer. La sua eventuale conferma in prossimi studi porterebbe, con ogni probabilità, alla concreta possibilità di rilevare – mediante la messa a punto di un semplice esame del sangue – la presenza di danni, anche iniziali, legati a patologie neurodegenerative di qualsiasi tipo.

La proteina NfL concorre a formare il cosiddetto “scheletro cellulare” dei neuroni, ovvero quel complesso di filamenti e tubuli che conferisce alle cellule la loro forma propria, permettendo al tempo stesso il movimento di svariati organelli all’interno di esse. Qualora i neuroni cerebrali subiscano un danno o muoiano, questa proteina finisce col disperdersi nel liquido cerebrospinale (il fluido corporeo in cui è immerso il cervello), cosicché la sua presenza massiccia in questo liquido è indicatore certo di una sofferenza cerebrale. Ma, come si può facilmente immaginare, prelevare del “liquor” spinale richiede una procedura alquanto invasiva, praticabile solo in ospedale, con notevoli fastidi per il paziente; difficile pertanto ipotizzare un suo impiego per effettuare screening su vasta scala. Ma considerando che la NfL, dal liquido spinale, può passare nel sangue, la Schultz e i suoi colleghi hanno pensato di controllare se i suoi livelli ematici fossero correlati con il danno cerebrale. La ricerca, durata un paio di anni, è stata condotta su 247 persone (fra i 30 e i 50 anni) portatrici di una rara variante genetica, in grado di causare un esordio precoce dell’Alzheimer, e altri 162 loro parenti senza tale variante. Nella loro analisi, gli scienziati hanno potuto avvalersi anche dei dati fisiologici dei soggetti coinvolti risalenti a molto tempo prima, dal momento che essi erano già stati arruolati in studi precedenti.

Alla fine, si è potuto evidenziare come, nelle persone con la variante genetica difettosa, i livelli ematici di NfL risultassero sistematicamente più alti e in aumento nel tempo; al contrario, nei soggetti di controllo essi risultavano bassi e sostanzialmente stabili. Tale differenza, per altro, si sarebbe già potuta rilevare ben 16 anni prima della comparsa dei disturbi cognitivi. Per verificare ulteriormente i risultati ottenuti, i ricercatori hanno poi voluto confrontare, in un altro gruppo di persone con la variante genetica difettosa, l’andamento dei loro livelli ematici di NfL e le loro scansioni cerebrali, con un intervallo di due anni di distanza: le persone in cui i livelli erano aumentati rapidamente avevano maggiori probabilità di mostrare segni di atrofia cerebrale e diminuite capacità cognitive. Incoraggiati da queste evidenze, gli studiosi muoveranno ora i prossimi passi provando a controllare la validità della correlazione anche nei casi di Alzheimer a insorgenza tardiva.

Maurizio Calipari per il Sir