Nuova scoperta dallo spazio

Individuato un buco nero gigante risalente a 900 milioni di anni dopo il Big Bang

Ancora una sorpresa dallo spazio. Scovato uno dei più grandi buchi neri finora individuati, un vero gigante (buco nero supermassivo) con una massa 12 miliardi di volte più grande di quella del Sole e un’età da “vegliardo”, dato che la sua formazione risalirebbe ad appena 900 milioni di anni dopo il Big Bang! A compiere la scoperta – come riportato da “Nature” – è stato Xue-Bing Wu, professore di astrofisica dell’Università di Pechino, insieme a un team internazionale di astronomi da lui coordinato. Ma come hanno fatto, visto che i buchi neri, per definizione, non possono essere visti direttamente? Ciò che gli scienziati hanno osservato in realtà è un nuovo “quasar” (contrazione di “QUASi-stellAR radio source”, radiosorgente quasi stellare), luminoso quanto 420mila miliardi di soli, a una distanza di 12,8 miliardi di anni luce dalla Terra. Ma qual è la relazione tra buchi neri e quasar? Tutte le principali galassie, compresa la Via Lattea, ospitano buchi neri nel loro nucleo, ma non tutti i buchi neri galattici sono circondati da gas surriscaldato. Quando succede, nasce un quasar, un oggetto che può essere estremamente luminoso, come nel caso di quello appena scoperto e denominato “SDSS J0100 + 2802”. I quasar, dunque, sono nuclei galattici attivi, cioè galassie la cui intensa luce non ha origine dalla componente stellare, bensì dalla radiazione emessa dal disco di accrescimento di un buco nero massiccio al centro della galassia. L’intenso campo gravitazionale del buco nero, infatti, attrae la materia circostante, costituita da gas e polveri, che si avvolge a spirale prima di essere inghiottita. La rapida accelerazione di questa materia produce la radiazione luminosa osservata. Sebbene, come tutti i quasar, anche questo nuovo oggetto appaia all’osservazione come una stella ordinaria, cioè niente più che un puntino luminoso (anche guardandolo con i più potenti telescopi a disposizione), esso è in realtà il più brillante quasar mai scoperto nell’universo primordiale. “Questo è il più grande mostro che abbiamo mai osservato in termini di luminosità”, ha affermato Avi Loeb, presidente del dipartimento di astronomia dell’Università di Harvard, “si tratta di un oggetto circa 40.000 volte più brillante dell’intera Via Lattea”.

Ma questa stupefacente scoperta ha anche posto nuove domande agli scienziati. “Il ‘mistero’ è come sia potuto diventare così grande in così poco tempo”, ha spiegato Adriano Fontana, dell’Osservatorio Astronomico di Roma dell’Istituto Nazionale di Astrofisica (Inaf) e a capo del Large Binocular Telescope (Lbt), uno dei telescopi che ha reso possibile la scoperta del “mostro cosmico”, chiamato SDSS J0100 + 2802. “I buchi neri – ha spiegato Fontana – crescono ‘mangiando’ i materiali che li circondano, polveri o stelle, e per essere così grande SDSS J0100 + 2802 deve aver mangiato tanto e molto in fretta. Non solo è uno dei più grandi buchi neri che conosciamo, ma è anche molto giovane”. Un rapidità di “ingrassare” che mette in discussione molte teorie che spiegano la crescita di questi oggetti. “Questo quasar è davvero unico” ha invece dichiarato Xue-Bing Wu. “Scoprire che SDSS J0100 + 2802 ha emesso la radiazione che abbiamo studiato appena 900 milioni di anni dopo il Big Bang ci ha letteralmente galvanizzato. Proprio come un faro, il più brillante tra quelli ai confini del cosmo, la sua intensa luce ci aiuterà a sondare meglio l’universo primordiale”. Secondo Xue-Bing Wu e colleghi, l’eccezionalità della nuova scoperta non riguarda solo la massa del buco nero, ma anche quella della galassia che lo ospita, che dovrebbe essere in proporzione. Secondo le stime, la massa di questa galassia ospite sarebbe infatti compresa tra 4 e 9 miliardi di masse solari, quindi paragonabile alle più massicce galassie osservate finora. Le osservazioni hanno così permesso di raccogliere nuove informazioni sulla formazione delle galassie massicce nell’universo primordiale, nonché sulla correlazione tra la formazione delle stelle nella galassia e il processo di accrescimento del disco intorno al buco nero centrale. Un altro aspetto interessante è che non solo il buco nero è il più massiccio di questo tipo finora scoperto nell’universo primordiale, ma anche che la radiazione prodotta da questo “mostro” celeste è la più intensa di quell’epoca cosmica, a causa dell’alto tasso di accrescimento del disco, e potrebbe essere usata come strumento per studiare il cosmo distante. Gli autori sperano inoltre che l’estrema luminosità osservata possa permettere di misurare, con una precisione senza precedenti, l’abbondanza dei metalli nel mezzo intergalattico dell’universo primordiale. Questo consentirebbe di ottenere informazioni sui processi di formazione stellare appena dopo il Big Bang. In attesa della prossima stupefacente scoperta!