Nozze d’argento per la Phoenix Electronic System

Il 7 agosto 2012 l’azienda reatina Phoenix Electronic System compie 25 anni di attività.

L’anniversario non ha il sapore della mera retorica celebrativa, del compiacimento gratuito fine a se stesso. Sottintende un successo che deve coinvolgere ed inorgoglire non solo il suo fondatore, ma deve riguardare l’intero territorio reatino. Il successo della Phoenix è la vittoria di una città che sotto il profilo economico è sempre più chiusa in se stessa, in stallo, se non in regressione. È la dimostrazione evidente che con forza di volontà, sacrificio e passione Rieti può farcela.

Abbiamo incontrato Alessandro Di Venanzio, mente e cuore della Phoenix Electronic System e presidente PMI di Unindustria Rieti, imprenditore caparbio e competente che in Rieti ha creduto e in Rieti continua a credere, la cui costanza e impegno sono ampiamente ricompensati dai traguardi e dai riconoscimenti raggiunti.

25 anni per un’azienda equivale a parlare di storia. Qual è la storia della Phoenix?

Siamo partner importante di grandi e medie aziende, leader nella lavorazione di cablaggi e attivi nel settore del dosaggio, del medicale, del condizionamento, degli ascensori e del fotovoltaico. Non è facile trovare un’azienda con 25 anni di storia continua. Grazie anche a tutte quelle aziende che hanno contribuito al raggiungimento di questo traguardo investendo nella Phoenix tempo e fiducia. Siamo partiti nel 1987 con 5/6 dipendenti; ora l’azienda ne può vantare circa 40, di cui l’80% donne.

Una scelta di controtendenza, dal momento che, in ambito lavorativo, le donne nel 2012 sono ancora discriminate.

Sì, è di controtendenza, ma funge anche da modello, visto che molte aziende, anche grandi, hanno successivamente seguito la nostra linea di assunzione; le donne sono sicuramente più precise, reattive e produttive degli uomini, anche a livello di gestione delle varie commesse e dei reparti. Ai cambiamenti di richiesta del mercato, le donne hanno dimostrato di reagire molto prima della controparte maschile. Una scelta certificata negli anni.

In 25 anni di attività della Phoenix molti saranno stati i successi, ma ci sarà stato anche qualche rimpianto. Uno in particolare?

Rimpianti sì, anche diversi. Il non aver puntato fin da subito all’acquisto di un proprio opificio, ma soprattutto il non aver potuto sempre dare occupazione a tutti coloro che si sono rivolti all’azienda. Non è mai facile quando non si rinnova un contratto. Ma le leggi attuali vanno in direzione contraria rispetto al mercato che invece richiede elasticità ed un impegno diverso, così l’imprenditore spesso ha paura.

Il non poter dare occupazione la pone su un piano diverso rispetto alla logica sfruttatrice con la quale siamo abituati a considerare l’immagine dell’imprenditore.

Mi sento un imprenditore normale, i diversi sono altri. Io penso che nonostante i problemi che in 25 anni possono esserci all’interno dell’azienda il lato umano non deve mai venir meno; all’interno di un’azienda vi è un’alleanza talmente strategica che se non funziona non porta a nessun tipo di risultato. All’interno della Phoenix non c’è mai stato un muro contro muro, né tra me né tra i miei collaboratori. Il rapporto interpersonale è sempre al primo posto. Ad esempio, insieme abbiamo deciso che per i 25 anni non faremo cene o pranzi, ma ci è sembrato più giusto fare un’offerta a due associazioni amiche. La Phoenix è da sempre molto attiva su questo fronte e impegnata nel sociale.

Perché un imprenditore dovrebbe decidere di rimanere a Rieti?

Il legame con le maestranze e con il territorio è molto forte, dunque l’affetto è la motivazione principale; non sarebbe Rieti se dovessi basarmi solo ed esclusivamente sull’aiuto delle istituzioni. O meglio, sul non aiuto. Le istituzioni, la politica in primis, senza distinzioni, avevano il dovere di sponsorizzare e tutelare le eccellenze del territorio. Questo non è accaduto né per le aziende né per i giovani. La carenza di infrastrutture poteva essere compensata con degli interventi mirati in grado di rendere attraente il territorio per un imprenditore che decide di puntare su Rieti; qui invece di attraente c’è ben poco.

In una fase storica di crisi, permane comunque la soddisfazione di avercela fatta nonostante la latitanza delle istituzioni.

La soddisfazione di essere riusciti a crescere con le proprie capacità, senza aiuti, c’è ed è forte, così come è forte la determinazione ad andare avanti, ma c’è anche la presa di coscienza che questa non è la solita crisi che, girato l’angolo, scompare. È dal 2007 ormai che la situazione si è fatta pesante. Bisognerebbe trovare una ricetta per fare in modo che tutte le aziende del territorio facciano rete e mettano a disposizione le proprie caratteristiche per cercare di far girare un po’ più questa economia che stagna. È dura, ma forse insieme ce la faremo.

Chi può salvare Rieti?

Credo nel progetto Unindustria, il suo impegno è a 360 gradi. Con Unindustria rappresentiamo un parco d’aziende molto ampio, in tantissime e diverse categorie. È un’opportunità per le aziende della nostra provincia di entrare in contatto e conoscere altre realtà, che girano intorno alla Capitale. Con questa sinergia offriamo agli imprenditori la possibilità di farsi conoscere, di farsi apprezzare e quindi di vivere. A Rieti vi sono una serie di aziende che rappresentano l’eccellenza non solo nazionale ma anche mondiale, come ad esempio la Solsonica, le quali tuttavia non sono minimamente considerate dalle amministrazioni locali e regionali.

Un consiglio per i giovani reatini?

Di studiare, di porsi in competizione approfondendo le lingue straniere e l’informatica, di andare all’estero per formarsi e per crescere professionalmente. Il nostro territorio difficilmente potrà offrire quello che in passato ha offerto alla mia generazione. Non devono far capo esclusivamente a Rieti, ma ampliare la propria mentalità, solo così le cose possono cambiare e anche loro avranno l’occasione che meritano.