Cultura

Non solo sapere

La classe - e la scuola - è una relazione, non un’operazione matematica, impossibile da equiparare al raggiungimento di precisi obiettivi in precisi tempi

“Sentite. Abbiamo un anno da passare insieme. Vediamo di passarlo bene. Non ho famiglia. La mia famiglia siete voi”.

È un giorno d’ottobre, e un tempo la scuola iniziava in questo mese: il 18, martedì, precisa Edmondo De Amicis in questa pagina, dal titolo “Il nostro maestro”. Siamo ovviamente nel tanto vituperato, bandito, ironizzato, ma anche, sotto sotto, riletto, furtivamente rimpianto, e ritirato fuori dalle polveri dei libri relegati nel sottoscala, “Cuore”, uscito nel 1886. La cosa buffa è che questo libro accusato di sdolcinatezze e moralismi da educande è stato scritto, secondo alcuni, sotto l’influsso della massoneria e contro i princìpi cattolici. Oggi quel “la mia famiglia siete voi” sarebbe attaccato da molti esperti di educazione come sdolcinato e addirittura nocivo, perché la scuola è semmai passaggio dalla famiglia verso la società e il lavoro. Vero, anche se questa convinzione non tiene conto di alcuni elementi fondamentali del pianeta scuola: l’empatia, ad esempio, la capacità non di blandire ma di capire le problematiche dei ragazzi per poter meglio insegnare le regole della vita, assieme a quelle della matematica e del latino. Pochi anni prima, tre per la precisione, era uscito in volume “Pinocchio”, di Carlo Lorenzini, meglio noto come Carlo Collodi, e qui la scuola è un luogo in cui il burattino di legno, pur essendo, se ci si mette, assai bravo, non riesce a stare, a causa soprattutto di alcuni compagni piuttosto invidiosi e di tentazioni, umane, troppo umane, come direbbe il filosofo. Tentazioni che, se le andiamo a vedere in profondità, non sono così peregrine, perché hanno a che fare con il difficile passaggio tra i sogni, il desiderio di rimanere nel verde paradiso dell’infanzia e la realtà, in quegli anni, di dover subito sgobbare per il pezzo di pane.

Ma, lo si notava prima, la scuola è un luogo di incontro: certo, per avviare verso la maturità e il lavoro i ragazzi, ma nel contempo è uno spazio di interrelazione tra docenti e studenti, e come tale non può essere ridotto ad una semplice somma dei componenti. Perché la classe – e la scuola – è appunto una relazione, non un’operazione matematica, impossibile da equiparare al raggiungimento di precisi obiettivi in precisi tempi con altrettanto precise scansioni intermedie, come vorrebbe il Ministero. Il sé profondo, quello della classe e quello del docente si compenetrano nel cosiddetto setting, vale a dire l’insieme dell’elemento umano e ambientale che si forma nella classe.

Che non sarà mai applicazione algebrica, ma interazione e capacità di capire e di interagire. I maestri bacchetta-urla-disprezzo narrati dal Saverio Strati di “Il selvaggio di Santa Venere” e un secolo prima dal Dickens di “David Copperfield”, riescono nell’intento opposto di far odiare la cultura ai ragazzi e ad affossare l’empatia, elemento basilare nel contesto scolastico. Non a caso, uno dei grandi successi di fine anni Ottanta fu un film, “L’attimo fuggente” del regista australiano Peter Weir, che presentava un insegnante, interpretato da Robin Williams, molto poco conformista, capace di interagire con le esigenze profonde dei ragazzi, e osteggiato, per questo “peccato”, dall’istituzione e da alcuni genitori.

La scuola è narrazione anche dei docenti, che investe sia il loro ruolo sia il feedback dell’empatia adolescenziale. Come scrive giustamente Lorella Carimali nella nota conclusiva del suo racconto “La radice quadrata della vita”, “La scuola è un ambiente vitale, luogo di relazioni, di dialogo, di collaborazione, di scambio reciproco, di crescita personale”, tutte cose, aggiunge la scrittrice-docente, di cui si parla troppo poco.
Ne parlano molti altri racconti, di scrittori celebri come Joyce Carol Oates (“Ragazze cattive”) il Nobel per la letteratura John Maxwell Coetzee (“Vergogna”), Philip Roth (“La macchia umana”), e altri nostri autori come Paola Mastrocola, Edoardo Albinati, Domenico Starnone, solo per fare alcuni nomi: la scuola è da sempre, fin dalle radici filosofiche elleniche, uno dei soli intorno ai quali si svolge il movimento incessante del sapere, e della vita.

dal Sir