No benefico al referendum-ordalia

Il “combinato disposto” del referendum inglese e delle elezioni amministrative ha imposto al governo di cambiare il terreno del contendere, cercando delle vie di accompagnamento di una campagna elettorale cominciata molto, forse troppo presto, passando dagli slogan sul “nuovo” con richiesta di personale fiducia alle questioni che toccano da vicino la gente, in primo luogo quelle economiche e fiscali

Contrordine: è cambiata la comunicazione, ovvero la “narrazione” sul famoso referendum costituzionale.
Mentre stanno uscendo i primi ponderosi commentari al disegno di legge di riforma costituzionale, è evidente che siamo ancora in una fase in cui non è il merito dei quesiti al centro dell’attenzione. Il “combinato disposto” del referendum inglese e delle elezioni amministrative ha imposto al governo di cambiare il terreno del contendere, cercando delle vie di accompagnamento di una campagna elettorale cominciata molto, forse troppo presto, passando dagli slogan sul “nuovo” con richiesta di personale fiducia alle questioni che toccano da vicino la gente, in primo luogo quelle economiche e fiscali.
Questo allunga i tempi, per cui ancora non sappiamo la data della chiamata alle urne. Un risultato comunque si è ottenuto, ovvero superare l’iniziale impostazione del referendum-ordalia, almeno appunto nella “narrazione”. Non ne avevamo e non ne abbiamo bisogno:

non si misura in questo modo la statura delle leadership.

Questo comporta due conseguenze. La prima appunto è di accelerare sulle politiche economiche e sociali. Certo, c’è il rischio, che le opposizioni non mancano di sottolineare, dell’effetto-mancia, ovvero di provvedimenti mirati solo a creare consenso a breve nelle diverse categorie. La situazione complessiva resta molto preoccupante. Si stanno infatti ormai delineando le linee di un cambiamento strutturale destinato ad incidere in profondità sugli assetti sociali delle diverse Italie, con una fetta di italiani che sembra smarrita e marginalizzata.
La seconda conseguenza è la fine del tabù del dibattito sui temi istituzionali, in particolare su uno dei punti politicamente ed istituzionalmente più problematici del passaggio referendario, ovvero il combinato disposto della riforma costituzionale con quella elettorale, che modifica di fatto la forma di governo e suscita fondate, trasversali preoccupazioni.
I tre mesi che verosimilmente ci separano dal referendum sono sotto questi due punti di vista un tempo molto breve, ma anche sufficientemente lungo, per interventi significativi e di prospettiva.
Con due indicazioni, che vengono da due passaggi dell’importante discorso con cui a Pieve Tesino il presidente Sergio Mattarella ha ricordato De Gasperi nel 70° della Repubblica, di cui è a buon diritto il “padre”: “Il coraggio di De Gasperi non era quello di un uomo impulsivo, bensì di un uomo esperto e tenace”, ha ricordato. E ha aggiunto “nel dare avvio alla Repubblica lo statista trentino aveva usato la bella formula ‘una Repubblica di tutti’ che può essere accostata ad un’altra espressione che lo rappresenta bene: ‘Fare politica non al servizio di se stessi’”. Un monito, e un impegno, che diventa bussola sicura, oggi e domani, per un’Italia europea, nei fatti, e con quella concretezza di cui abbiamo tutti tanto, tanto bisogno, assordati e un po’ smarriti dalle troppe retoriche.