Nelle pieghe del matrimonio

Il matrimonio è l’unione legittima tra uomo e donna che il Concilio Vaticano II, nella Costituzione Gaudium et Spes n. 48, ha definito come «l’intima comunità di vita e d’amore coniugale, fondata dal Creatore e strutturata con leggi proprie, è stabilita dal patto coniugale, vale a dire dall’irrevocabile consenso personale».

L’origine divina e non umana del matrimonio è validamente documentata dalla Genesi 2,24 e ribadita anche dallo stesso Gesù Cristo quando afferma, rispetto al principio dell’indissolubilità del vincolo «Non avete letto che il Creatore da principio li creò maschio e femmina e disse: “Per questo lascerà l’uomo suo padre e sua madre e si unirà alla sua moglie e saranno due in una sola carne?” Perciò essi non sono più due, ma una sola carne. Dunque l’uomo non divida quello che Dio ha congiunto» (Mt. 19, 4-10).

Il matrimonio canonico è un vero e proprio “accordo, un patto, un contratto” elevato alla dignità sacramentale da Cristo. Ne consegue, allora, che il matrimonio non scaturisce solo dal libero incontro tra un uomo ed una donna, ma anche dalla stessa volontà di Dio. Per volere divino infatti «Il matrimonio è costituito dal consenso delle parti (i coniugi) legittimamente manifestato tra persone idonee per diritto, il quale non può essere supplito da nessuna potestà umana» (CJC, can. 1057 § 1).

Il consenso è quindi la vera causa efficiente del matrimonio, se questo mancasse o fosse viziato l’unione non potrebbe dirsi esistente a riprova del carattere strettamente personale del contratto matrimoniale. Secondo la legge divina il coniugio è poi esclusivo ed indissolubile fino a che uno dei coniugi sarà vivo (can. 1056) ed ordinato alla generazione ed educazione della prole (can. 1055 §1). Sono queste le “proprietà essenziali” del matrimonio che non possono in alcun modo essere soggette alla volontà delle parti: i contraenti infatti non hanno la facoltà di modificarne la struttura. L’esclusività è da intendersi come monogamia: un solo uomo si unirà ad una sola donna per costruire insieme “l’una caro” biblica; l’indissolubilità invece è l’impossibilità per i coniugi di rompere l’unione a loro piacimento. Il Concilio Vaticano II ha poi messo in evidenza l’aspetto di comunione che deve esistere nel rapporto matrimoniale, il “foedus”, il “patto” tra l’uomo e la donna infatti è il cuore della vita coniugale: l’uomo e la donna si trovano a dovere costituire quel “consortium totius vitae” che la dottrina e la giurisprudenza sottolineano in modo importante facendo emergere l’aspetto personalistico di questa unione. Ultima, ma non per importanza, è la generazione ed educazione della prole, che nel matrimonio canonico è considerata un fine essenziale (can. 1055 §1). Non possono quindi le parti escludere di avere figli, in quanto la loro unione sarebbe di per sé nulla, e allo stesso modo però devono occuparsi di loro e se non lo fanno, contraggono ancora invalidamente. Il codice di diritto canonico è molto chiaro in proposito «I genitori hanno il dovere gravissimo ed il diritto primario di curare con ogni impegno l’educazione della prole, tanto fisica, sociale e culturale, quanto morale e religiosa» (can. 1136). È certo quindi che, all’interno dell’ordinamento canonico, non si può prescindere da questo disegno concependo un matrimonio diverso senza andare incontro ad una vera aberrazione.

La dottrina e la giurisprudenza inoltre sottolineano come «Entrambi i coniugi hanno pari doveri e diritti per ciò che riguarda il consorzio della vita coniugale» (can. 1135); l’eguaglianza degli sposi però non deve scadere in mero egualitarismo, bisogna infatti ricordare che, pur nella uguaglianza di diritti e doveri, vanno sempre salvaguardate le diverse funzioni ed i diversi compiti dei coniugi che nel matrimonio si integrano e si completano vicendevolmente.