Muovere i risparmi? La finanza si guadagni la fiducia dei cittadini

Claudio Giannotti, docente di economia degli intermediari finanziari: “Oltre ai fondi comuni, penso ad esempio ai mini bond, o a forme di prestito frazionate, soluzioni che tengano conto del quadro normativo. Una condizione di fondo è però che queste forme d’investimenti produttivi dovrebbero essere almeno in parte garantite”.

Secondo la Banca d’Italia il risparmio “liquido” delle famiglie, anche in questi anni di crisi, è molto rilevante: 1.077 miliardi di depositi oltre alla liquidità e al contante “sotto il materasso”, per un totale che si avvicina ai 1.300 miliardi di euro. Sul come mobilizzare almeno parte di questo risparmio abbiamo intervistato Claudio Giannotti, docente ordinario di economia degli intermediari finanziari alla Università LUM Jean Monnet di Bari e alla Lumsa di Roma.

Le famiglie italiane sono virtuose, risparmiano anche in tempo di crisi, ma fanno bene a tenere i soldi parcheggiati in posta o sui conti correnti?
“Dai dati della Banca d’Italia 2014 emerge una ricomposizione del portafoglio delle famiglie italiane, spinto dalla ricerca di rendimenti più elevati. Una certa quota di obbligazioni statali e bancarie sono state sostituite da quote di fondi, di prodotti assicurativi e in piccola parte anche da azioni. Il dato curioso è che non si è ridotta la quota liquida. Da questo emergono due esigenze: da un lato cercare strumenti che diano un rendimento più elevato, dall’altro anche una fortissima esigenza di mantenere una quota consistente di liquidità a scopi precauzionali”.

Quali i motivi alla base di queste scelte?
“Indubbiamente c’è la preoccupazione per il futuro, ma anche perché si fidano poco della finanza. La reputazione della finanza da noi è piuttosto bassa. Forse possiamo anche dedurre che la crisi finanziaria ed economica, nell’idea delle persone, non è minimamente superata”.

Visto che i risparmi “liquidi” degli italiani sono così considerevoli, si può pensare a come utilizzarli diversamente?
“La sfida di convogliare parte del ‘cash’ delle famiglie verso investimenti produttivi è forte, anche se non dobbiamo dimenticarci che un conto è il dato aggregato, un altro le differenze reali tra le singole consistenze familiari dei risparmi. Sarebbe importante incrementare la quota di risparmi che vengono investiti in strumenti finanziari orientati alla crescita, però al contempo occorre garantire sicurezza e trasparenza”.

A quali strumenti innovativi si potrebbe pensare?

“Soprattutto al canale dei mercati finanziari piuttosto che prettamente bancari, in cui le famiglie potrebbero investire anche piccoli importi, ma che sommati tra di loro creerebbero un flusso d’investimenti importanti. Oltre ai fondi comuni, penso ad esempio ai mini bond, o a forme di prestito frazionate, soluzioni che tengano conto del quadro normativo. Una condizione di fondo è però che queste forme di investimenti produttivi dovrebbero essere almeno in parte garantite”.

I fondi di “venture capital” o il “private equity” possono essere una via da percorrere o sono da considerarsi troppo rischiosi per il semplice risparmiatore?

“Sono evidentemente rischiosi, più di altri strumenti di debito. Tra i dati 2014 emerge che gli investimenti in questo tipo di capitale di rischio sono stati di 3,5 miliardi, come l’anno precedente, ma su un numero minore di imprese: 311 rispetto a 368 nel 2013. Ciò significa che le nostre piccole e medie imprese registrano una maggiore difficoltà a finanziarsi, confermando il divario con altri Paesi”.

Che ruolo svolge la tassazione dei proventi finanziari nello scoraggiare gli investimenti?
“La tassazione impatta sui rendimenti netti. Da questo punto di vista i titoli di stato continuano ad essere più convenienti. Le variabili fiscali sono importanti, ma mi sembra più importante offrire incentivi fiscali al mondo produttivo”.

Finanza etica, “crowdfunding”, “sharing economy”: sono percorsi nuovi verso cui orientare i risparmi delle famiglie?
“Ciò di cui c’è più bisogno oggi è che la finanza divenga un vero supporto all’economia reale e alla crescita, offrendo così il proprio contributo al ‘bene comune’. Quindi ben vengano le iniziative di finanza etica. Personalmente ci credo molto, perché contengono una giusta combinazione di obiettivi etici e socialmente responsabili insieme a obiettivi anche di rendimento. Quanto al ‘crowdfunding’, mi sembra uno strumento per soddisfare finalità personali, culturali e anche psicologiche, di sostegno a particolari progetti”.

Cosa potrebbe fare la politica per favorire una diversa allocazione dei risparmi in direzione produttiva?

“Da un punto di vista istituzionale occorre, a mio avviso, puntare sulla semplificazione delle regole burocratiche, per facilitare le imprese perché possano operare al meglio. La sfida consiste nel modernizzare il nostro sistema finanziario aumentando nel contempo la cultura finanziaria della gente, a partire dai giovani”.