Morbo di Alzheimer: novità?

Ennesimo passo in avanti nella lotta contro una delle patologie a maggiore impatto sociale dell’era moderna.

Già in passato, nel corso della giornata mondiale dedicata a questa malattia, abbiamo avuto occasione di parlare del gravoso tributo fisico e morale pagato dalle famiglie ed amici di chi è costretto ad affrontare il calvario dell’Alzheimer. I cambiamenti di personalità in una persona cara, la necessità di assicurare per anni ed anni un’assistenza amorevole e costante, la richiesta di provvedere alla pulizia personale, al vestirsi ed altre mansioni assistenziali possono diventare un fardello pesante da sopportare per chi assiste quotidianamente queste persone.

Molti gli studi effettuati nel mondo per cercare di capire come questa patologia nasca, si sviluppi e porti alle conseguenze tristemente note; diversi i risultati ottenuti, alcuni fondamentali.

L’ultima ricerca, in ordine di tempo, è della scuola di medicina della “Temple university”. La scoperta è di una proteina presente nel cervello che potrebbe svolgere un ruolo chiave nel regolare la creazione di beta amiloide, il principale componente delle placche implicate nello sviluppo dell’Alzheimer.

Il gruppo di ricerca, guidato da un italiano, professore di farmacologia, microbiologia ed immunologia alla “Temple university” di Philadelphia, ha scoperto nel cervello, tre anni fa, la presenza di una proteina chiamata 12/15-Lipoxygenase, molto attiva nel cervello delle persone con malattia di Alzheimer.

Dopo due anni di studio, i ricercatori della Temple hanno scoperto che la proteina è in cima ad un percorso biochimico che controlla una reazione a catena dalla quale ha inizio lo sviluppo dell’Alzheimer.Questa proteina, per ragioni che ancora non si conoscono, inizia a lavorare troppo e, proprio a causa di questa iperattività, invia messaggi errati alla beta secretasi, che a sua volta inizia a produrre beta amiloide in eccesso. Questo inizialmente si traduce in disturbi cognitivi, deficit della memoria e, più tardi, con un incremento di placca amiloide.Il team di ricerca ha preso in esame un composto sperimentale che blocca la funzione della 12/15-Lipoxygenase, utilizzandolo come potenziale terapia per inibire la funzione del BACE nel cervello. In condizioni controllate ed utilizzando modelli animali, i ricercatori hanno sperimentato la capacità del farmaco di ripristinare alcune funzioni cognitive, così come migliorare l’apprendimento e la capacità di memoria.

Lo studio è stato finanziato dai National Institutes of Health e dall’Alzheimer’s Association.