La Chiesa della città di Rieti dalla società agricola a quella industriale e postindustriale / 4

Anche a Rieti, nel postmoderno e postcristiano, mescolamento di razze, culture e religioni.

La Chiesa di Rieti aveva preso nuova coscienza dell’uomo e del mondo, in continua evoluzione, ma non riusciva, nell’immediato, ad adeguare le strutture alle nuove esigenze. Il Nucleo Industriale aveva creato il fenomeno del pendolarismo e accentuato lo spopolamento delle campagne, ma negli anziani persisteva una mentalità contadina chiusa. Il dialogo tra giovani e meno giovani diventava sempre più difficile. Tra la fine degli anni ’70 e gli inizi degli anni ’80, per i ragazzi del dopo cresima che non avevano trovato una loro identità in altri movimenti cristiani si attivarono le Comunità Ecclesiali di Partenza (C.E.P.) e si riuscì a rivitalizzare, con nuovi criteri, l’Azione Cattolica. «Frontiera», nel settembre 1987, rilevava il passaggio ad una società postcristiana e postmoderna in questi termini: «si è creata una situazione abbastanza complessa: da una parte si è restati arroccati ad una pastorale di tradizione dall’altro è emerso il fenomeno nuovo dei movimenti», come risposta a tempi non più (tradizionalmente) cristiani. Secondo il quindicinale nell’ultimo quinquennio del XX sec. vivevano a Rieti «un migliaio circa di musulmani (per lo più marocchini, albanesi e kosovari) […]. Il Movimento Cristiano Lavoratori porta avanti un discorso di dialogo interreligioso tra cristiani, ebrei e musulmani». Ne fu segno forte e simbolico, nel 1995, la posa della prima pietra del cimitero per ebrei e musulmani, cui partecipò l’allora vescovo Molinari. Qualcuno scoraggiava il dialogo con i musulmani in questi termini: «Mentre per noi occidentali è un dato acquisito la concezione della laicità dello Stato, che si basa sulla distinzione tra fede e politica, per i musulmani vige invece una concezione teocratica […]. Dovunque i musulmani hanno preso il potere hanno imposto questa concezione, per cui le religioni precedenti sono ovunque scomparse […]». I cambiamenti profondi della società e il passaggio della società da cristiana a postcristiana, con la crisi culturale, politica ed economica, si ripercossero anche su una struttura importante come quella del seminario diocesano. Mons. Angelo Fasciolo, nell’articolo Seminario di Rieti 1980, dichiarava che nell’ultimo decennio per «tutta la società c’è stato un autentico terremoto, si direbbe un cataclisma. Ed anche il nostro Seminario, logicamente, ne è stato coinvolto. […] È stato trasformato in “Convivenza educativa cristiana” […] non ha chiuso, neppure per un giorno, ma è rimasto aperto ad accogliere dei giovani volenterosi per prepararli alla vita, ma ad una vita vissuta cristianamente, nella speranza che tra essi sbocciasse una qualche vocazione sacerdotale. […] Il seminario è diventato, si può dire, il centro della pastorale diocesana, non ad uso e consumo esclusivo dei sacerdoti, con le loro riunioni e convegni; ma anche per i laici […]».