Laudato si' / Pastorale sociale e del lavoro

Mons Filippo Santoro: «Superare la contraddizione tra ambiente e lavoro»

L’arcivescovo di Taranto ha testimoniato a Greccio la concretezza del «debito ecologico» sulla vita delle persone, in occasione degli incontri realizzati dalla Pastorale Sociale della Cei

Monsignor Filippo Santoro dal 2011 è arcivescovo metropolita di Taranto, città difficile soprattutto per le ultime e controverse vicende legate all’Ilva. Difficile sopperire ai bisogni, alle richieste, alle necessità di un territorio così complicato.

Superare la contraddizione tra ambiente e lavoro

Giunto a Greccio per partecipare ai lavori promossi dall’Ufficio nazionale per la Pastorale Sociale e il Lavoro, racconta a «Frontiera» la sua giornata, trascorsa a sopperire alle esigenze di tutti: «Ogni giorno dal vescovo arrivano persone di due tipi: coloro che chiedono che la Chiesa dia una mano per porre fine alla devastazione ambientale, e quindi che si garantisca la salute, la vita e la difesa del creato. Taranto ha prodotto acciaio in una maniera preponderante ottenendo in cambio quello che papa Francesco chiama “debito ecologico”, ovvero le malattie e i morti per l’inquinamento. E poi, ci sono quelli che chiedono la risoluzione di problemi occupazionali, gli attuali 7500 operai occupati nell’Ilva sono preoccupati per il loro posto di lavoro».

Il ruolo della Chiesa

La gente, disorientata e impaurita dal doppio problema del disastro ambientale unito alla precarietà del proprio impiego, chiede che la Chiesa proponga soluzioni o faccia da tramite con la politica. «Eccellenza don Filippo al nostro posto di lavoro cosa succederà? – mi chiedono – le banche sanno che siamo operai Ilva e non ci concedono il prestito!».

La persona al centro

Problematiche complesse alle quali è difficile far fronte, sopperire, tendere la mano. «Il primo atteggiamento che ho avuto e che la Chiesa ha avuto è stata la necessità di mettersi in gioco ed intervenire sul problema, poi è stato necessario mediare per far dialogare le varie parti in causa: la sensibilità ambientalista da un lato e la fabbrica dall’altro. Attualmente la situazione è complicata da vari fattori, legati anche ad una mancanza di dialogo. Quello che la Chiesa propone è la difesa dei due principi, che secondo me e secondo la nostra dottrina sociale non sono inconciliabili: c’è una priorità ed è quella di mettere il bene della persona prima del guadagno del profitto». La persona al centro dunque, con i suoi bisogni e le sue domande, con i timori e le necessità di ciascuno, sostenendo il dialogo ad oltranza purchè si porti avanti il bene dell’individuo.

Un conflitto su scala nazionale

Un problema di portata nazionale quello dell’Ilva di Taranto, che riempie costantemente i quotidiani e occupa accesi dibattiti televisivi. Dibattiti e contestazioni che diventano feroci nel territorio tarantino, interessato in prima persona dalla questione. Monsignor Santoro lo sa bene: «Il tema dell’llva ha portato ad un grosso conflitto in un settore della città e poi è stato anche il volano di una protesta da parte della popolazione che nelle ultime elezioni ha accordato una maggioranza del 47% al Movimento Cinque Stelle. Poi però, quando nel settembre dello scorso anno è stato firmato il contratto tra il ministro Luigi Di Maio e il nuovo acquirente della Alcerol Mittal, la cosa è stata vista come un tradimento. Ad oggi è impossibile pensare ad una chiusura della fabbrica, ci sarebbe un grave disastro, un sommovimento sociale di gravi proporzioni, bisogna cercare le vie per una produzione diversa: è necessaria una produzione che sia ambientalmente costruibile, per esempio sono state fatte le coperture dei parchi minerali che impediscono che il carbone e le polveri si riversino sulla città, in particolare sul Rione Tamburi». Una grossa opera della portata di circa dieci stadi di calcio, che possa dare proseguimento a tutti gli importanti interventi di carattere ambientale e allo stesso tempo salvaguardare il livello dell’occupazione.

Un equilibrio delicato

In generale, però, il problema permane ed è di portata molto grave, al punto da condizionare quasi totalmente la vita delle persone di Taranto. «È un equilibrio delicato – conclude monsignor Santoro – che deve essere portato avanti ascoltando le necessità di tutti e senza effettuare tagli unilaterali».