Migrazioni: proteggere la dignità

Oggi il card. Vegliò a Parigi, «promuovere diritti e opporsi al razzismo».

È intervenuto al colloquio “I cattolici e le migrazioni”, oggi a Parigi, il card. Antonio Maria Vegliò, presidente del Pontificio Consiglio della pastorale per i migranti e gli itineranti. “La fede cristiana – ha detto – chiede ai credenti di non considerare gli immigrati come delle merci, degli stranieri in situazione irregolare o delle semplici vittime, ma come degli esseri umani che hanno diritto a una considerazione complessiva dei loro bisogni e dei loro contributi specifici ed economici, sociali e culturali”. Il colloquio è stato organizzato dal Centro d’informazioni e studi sulle migrazioni internazionali (Ciemi), dal Servizio nazionale della pastorale dei migranti e dalla diocesi di Parigi. I dati: 214 milioni di migranti internazionali, circa il 3% della popolazione mondiale, un numero in costante crescita (nel 2005 erano 191 milioni) nonostante la crisi economica. Più di 740 milioni di persone che migrano all’interno dei rispettivi Paesi. Se si sommano le due cifre si tratta di un miliardo di persone, un settimo della popolazione mondiale.

Superare ogni discriminazione.

Per la Chiesa, ha sottolineato il presidente del Pontificio Consiglio durante l’incontro, “i diritti dell’uomo sono radicati nella persona”, per cui “l’appello alla solidarietà significa promuovere il riconoscimento dei diritti dei migranti a superare ogni discriminazione basata sull’etnicità, la cultura e la religione”. “La Chiesa – ha ribadito – è chiamata a essere il difensore fermo e servizievole dei diritti delle persone di spostarsi liberamente all’interno del loro Paese e, quando sono spinte da povertà, insicurezza e persecuzioni, di lasciare la loro casa per vivere dignitosamente”. In questo senso, “la Chiesa ha la responsabilità di assicurare che l’opinione pubblica sia correttamente informata sulle cause delle migrazioni”, deve “opporsi al razzismo, alla discriminazione e alla xenofobia dovunque e sempre, nel momento in cui si manifestano: all’interno delle proprie comunità, nei Paesi o nei continenti”. La solidarietà con gli immigrati, ha proseguito, “richiede che essi siano accompagnati e inclusi nel processo decisionale che inciderà e deciderà sull’orientamento delle loro vite. La solidarietà significa anche assumersi la responsabilità di chi si trova in situazioni penose”.

Perché la Chiesa s’interessa dei migranti?

Questa è la domanda di fondo a cui il card. Vegliò ha dato risposte. La principale è “l’incontro con Gesù Cristo, la strada verso la conversione, la comunione e la solidarietà”. Anche perché il volto delle migrazioni è cambiato, molti provengono dai Paesi africani, asiatici, medio-orientali o dall’Europa dell’Est, quindi “i cattolici non costituiscono più la maggioranza dei migranti”. “In questa situazione – ha detto – la Chiesa non si preoccupa solo di salvaguardare e promuovere l’impegno dei cattolici nella fede, ma anche di proclamare il Vangelo al più vasto numero di migranti che non hanno ancora mai sentito parlare di Cristo, come pure di rinnovare la proclamazione del Vangelo a chi ha perso il senso vivo del cristianesimo”.

I migranti non sono numeri.

Per la Chiesa, ha sottolineato, “la migrazione non è solo un problema politico, ma una questione umana e morale fondamentale”: “I migranti non sono solo numeri per la Chiesa, ma nostri fratelli e sorelle, il nostro ‘prossimo’ come proclamato dal Vangelo”. “Essere il nostro prossimo non dipende dal luogo di nascita del migrante né dai documenti che possiede”; è perciò indispensabile “proteggere la dignità di ogni essere umano”. La Chiesa, ha affermato, “pensa che solo un sistema migratorio giusto permetterà agli immigrati di realizzare le loro aspirazioni fondamentali facendo, in questo modo, il bene di tutti. È il motivo per cui la Chiesa partecipa al dibattito sulla situazione attuale dei migranti e offre la sua assistenza per l’elaborazione di una legislazione giusta, che possa arricchire la vita dei nuovi arrivati e servire il bene della nazione di accoglienza”. Il processo d’integrazione, ha puntualizzato, ha però bisogno di “opportunità politiche, sociali ed economiche, ma anche della costruzione di un senso di comunità e valori condivisi”.