A Mezzogiorno: addio qualità della vita

“Insufficiente” in 40 su 41 province dell’Italia meridionale e insulare

Dopo l’analisi del “Sole 24 Ore” sulla qualità della vita, anche quella di “Italia Oggi” – giunta alla 16ma edizione – è impietosa nei confronti del Sud.

L’indagine, condotta dall’Università La Sapienza di Roma – che prende in esame 9 settori, affari e lavoro, ambiente, criminalità, disagio sociale, popolazione, servizi finanziari e scolastici, tempo libero – attesta che si vive meglio nei centri medi del Nord, che però non è tutto uguale. C’è un Nord dove le dimensioni medio-piccole dei centri si accompagnano a livelli di qualità della vita elevati e stabili nel tempo. Poi ce n’è un altro costituito da centri urbani medio-grandi che, al contrario del primo, non riesce a raggiungere e mantenere posizioni di eccellenza. Nel 2014, ad esempio, la classifica conferma il Trentino-Alto Adige al vertice – Trento ha un primato consolidato che dura da 5 anni – assieme ad alcune province venete. Ma l’altra conferma riguarda gli effetti della congiuntura economica che ha ripercussioni più severe nel nord ovest rispetto al nord est. Da qui, l’emergere di fenomeni di polarizzazione fra le due aree.

Più della metà della popolazione italiana, pari al 52,6%, contro il 48,4% dello scorso anno, pari a 31 milioni 699 mila residenti, vive in province dove la qualità della vita risulta scarsa o insufficiente. Nel 2014, sono 55 su 110 le province nelle quali la qualità della vita è risultata buona o accettabile, contro le 59 su 110 della passata edizione. Delle 55 province in cui la qualità della vita è risultata scarsa o insufficiente, 6 appartengono al nord ovest, 1 è del nord est, 8 in Italia centrale e 40 su 41 in Italia meridionale e insulare. Nel gruppo dove la qualità della vita è insufficiente, figurano – con l’eccezione di Imperia – solo province meridionali, senza che vi sia alcun dato, nemmeno tendenziale, che faccia prevedere un miglioramento della situazione. L’unica eccezione è rappresentata dalla provincia di Teramo, classificata al 27° posto.

Cinque anni fa, nel Mezzogiorno era stato individuato un insieme di province, geograficamente vicine – che andava dal litorale adriatico meridionale alle province ioniche fino ad estendersi su un breve tratto del litorale tirrenico ed era costituito dalle province di Campobasso, Foggia, Bari, Potenza e Matera – nelle quali la qualità della vita risultava superiore a quella prevalente nelle altre province dell’Italia meridionale e insulare. Dallo scorso anno, questo insieme è scomparso e l’intera area è divenuta “area del disagio”.

Rispetto ai singoli settori dell’indagine, c’è da registrare – contro tutte le previsioni – che ai primi posti delle province con minor tasso di criminalità, vi sono località del Mezzogiorno: Agrigento è al primo posto, seguita da Pordenone e Treviso, mentre le province di Oristano e Campobasso si piazzano nella top ten. Si segnala anche Crotone, che occupa il 26esimo posto, mentre Milano, preceduta da Bologna e Rimini, è in coda a questa classifica. Per “Affari e Lavoro”, chiudono la classifica Crotone, Medio Campidano e Catanzaro. Per l’”Ambiente”, Catania, Olbia e Siracusa. Per la “Salute”, Medio Campidano, Oristano e Latina. Per il “Tempo libero”, Crotone, Caltanissetta e Caserta. Per il “Tenore di vita”, Matera, Messina e Lecce.

Sono risultati certamente condizionati dalla crisi economica che perdura e dagli altissimi indici di disoccupazione, ma che denotano, ancora una volta, una condizione di disagio che non è contingente e crea un solco profondissimo tra il Sud e le aree del Paese che sono state in grado, in questi anni, di sostenere l’impatto delle difficoltà. La fotografia è quella di un’Italia divisa, nella quale il Sud vive un’arretratezza di carattere strutturale, impossibile da colmare da interventi a “spot”, estemporanei e, per questa ragione, inutili.