Matrimoni gay all’estero. La fuga di Bologna non convince

Il vicario generale dell’arcidiocesi, Giovanni Silvagni, esprime le perplessità di tanti cittadini: “C’è la volontà di dare un’obiettiva legittimazione e riconoscibilità pubblica alle coppie omosessuali, senza distinguo alcuno. Che gli amministratori non lo capiscano e giustifichino tutto con il mantra dei diritti e della lotta alle discriminazioni è quantomeno una trappola”.

Trascrivere sui registri di stato civile i matrimoni contratti all’estero tra persone dello stesso sesso viola la privacy. Nello specifico, “oltre a risultare in contrasto con la giurisprudenza di legittimità, sembra dimenticare che le informazioni idonee a rivelare la vita o l’orientamento sessuale delle persone, come sono indubbiamente quelle risultanti da tali atti, rientrano tra i cosiddetti dati sensibili, il cui trattamento da parte di soggetti pubblici è consentito nel nostro ordinamento solo se autorizzato da espressa disposizione di legge o con atto regolamentare adottato in conformitaÌ al parere espresso dal Garante per la protezione dei dati personali”. Così il giurista Paolo Cavana, sulle colonne di “Bologna Sette”, il dorso domenicale di “Avvenire” a cura dell’arcidiocesi di Bologna, prende posizione sul tema, d’attualità a Bologna poiché una direttiva del sindaco, Virginio Merola, ha dato il via libera, dal prossimo 15 settembre, alla trascrizione nell’anagrafe comunale di tali unioni. Mentre monsignor Giovanni Silvagni, vicario generale dell’arcidiocesi, parlando al Sir invita al dialogo ricordando quel “patrimonio comune che il matrimonio e la famiglia costituiscono, condiviso dalla legge civile e da tante componenti della nostra società, tra cui le visioni culturali che fanno riferimento alle maggiori confessioni religiose: il cristianesimo, ma pure l’ebraismo e l’islam”.

Rispettare tutte le posizioni.

La decisione di Merola rappresenta perciò una fuga in avanti per “costringere a prendere atto di situazioni sulle quali il dibattito è aperto e deve essere rispettoso di tante posizioni diverse, che invece vengono messe a tacere”, rileva Silvagni. Ma che di forzatura si tratti è lo stesso sindaco a riconoscerlo, allorquando auspica che “questa nostra scelta possa contribuire alla creazione di una maggiore consapevolezza nell’opinione pubblica tanto quanto nel nostro Parlamento in merito alla necessità di approvare al più presto una legge nazionale che estenda i diritti dei coniugi alle unioni civili fra persone dello stesso sesso”. La trascrizione dell’atto estero potrà essere richiesta dall’interessato con un’istanza al sindaco. Almeno uno dei contraenti deve essere italiano ed entrambi dovranno risiedere a Bologna; infine, la trascrizione avverrà per tutti i matrimoni celebrati anche prima del 15 settembre 2014. Di fronte a tale decisione il vicario dell’arcidiocesi ricorda che “la posizione della Chiesa è nota”, ma smentisce decisamente che sia in atto uno “scontro tra diocesi e Comune”, come scritto da diversi organi di stampa. Semmai dagli articoli di “Bologna Sette” vengono offerti “argomenti su cui riflettere”, esprimendo “valutazioni su alcune scelte che si considerano discutibili a livello di quel bene comune che appartiene alla società nel suo insieme”.

Il valore “umano” del matrimonio.

Il dialogo invocato dal vicario generale deve tener conto delle posizioni diverse, tra cui quelle di chi, per matrimonio, intende l’unione tra un uomo e una donna. Oggi, invece, “si fa scempio di tale tradizione – rimarca Silvagni –, mostrando di tenere in nessuna considerazione ciò che da sempre rappresentano il matrimonio e la famiglia, alterando quell’equilibrio per cui una parola come ‘matrimonio’ aveva un significato universalmente riconosciuto”. Matrimonio tra persone dello stesso sesso, divorzio breve, equiparazioni di ogni forma di convivenza all’unione sponsale rappresentano discutibili provvedimenti, “mentre coloro che credono veramente nel matrimonio si vedono scavalcati da posizioni che accarezzano le pretese di alcuni e calpestano i sentimenti di tanti altri”. Peraltro, sottolinea, “la quasi totalità delle religioni e delle culture riconosce una valenza specifica al matrimonio, atto umano che ha una sua particolare specificità, è tra un uomo e una donna, ed è nell’‘abc’ dell’essere umano”. Quanto sta accadendo, ad avviso di monsignor Silvagni, “non è tanto un interesse per il matrimonio, quanto la volontà di dare un’obiettiva legittimazione e riconoscibilità pubblica alle coppie omosessuali, senza distinguo alcuno. Che gli amministratori non lo capiscano e giustifichino tutto con il mantra dei diritti e della lotta alle discriminazioni – conclude – è quantomeno una trappola di cui non si avverte l’esigenza”.