Istituto Storico Massimo Rinaldi

Massimo Rinaldi come missionario. La figura del vescovo reatino continua ad affascinare

A 150 anni dalla sua nascita, il venerabile Massimo Rinaldi continua a interrogare quanti, nell'adesione alla sequela Christi, riconfermano al contempo l'intuizione della Chiesa di essere per sua stessa natura missionaria...

A 150 anni dalla sua nascita, il venerabile Massimo Rinaldi continua a interrogare quanti, nell’adesione alla sequela Christi, riconfermano al contempo l’intuizione della Chiesa di essere per sua stessa natura missionaria… missionaria sempre! Così come il santo vescovo volle essere fino all’ultimo respiro di vita: al servizio del Vangelo, accanto ai poveri, ai deboli, agli indifesi, agli emarginati del suo tempo.

Un ritratto, quello del Rinaldi, ripercorso dal convegno che l’Istituto Storico a lui intitolato ha voluto organizzare nella sala consiliare di Palazzo di Città, che vide la visita del presule reatino il 6 giugno 1936. Il primo a rammentarne la forte esperienza missionaria è stato il procuratore generale degli Scalabriniani (cui Rinaldi appartenne dal 1900), padre Luigi Sabbarese: «Massimo Rinaldi comprese subito la valenza dell’opera intrapresa dal beato Giovanni Battista Scalabrini al servizio dei tanti migranti italiani che varcavano l’oceano per cercare fortuna – ha ricordato il successore del Rinaldi nella carica di procuratore generale della congregazione – Lo Scalabrini obbediva al mandato apostolico di portare il messaggio evangelico ai più poveri e ai più lontani e questa sensibilità apostolica trovò le vibrazioni più alte, quando si rivolse ai migranti. Padre Massimo Rinaldi, lasciando le stanze comode della curia di Montefiascone, seguì lo Scalabrini e scelse di andare missionario in Brasile dove rimase per dieci lunghi anni. La sua benefica testimonianza fu di altissimo profilo e, quando tornò in Italia, per porsi da mediatore illuminato nella temperie del dopo-Scalabrini, si confermò come l’autentico secondo fondatore della congregazione. Il ministero episcopale a Rieti, infine, suggellò le sue scelte di missionarietà evangelica senza infingimenti, cosciente di come davvero la missione venga a noi in ogni epoca».

A monsignor Giovanni Maceroni, presidente dell’Istituto storico organizzatore dell’evento e principale curatore della Causa di beatificazione, è toccato il compito di rappresentare la situazione della diocesi reatina nel periodo dell’episcopato del Rinaldi: «Diocesi che, con le sue 167 parrocchie nel 1938, impegnò Massimo Rinaldi in un servizio diuturno e senza risparmiarsi mai. Egli la percorse con ogni mezzo, servendola fino all’ultima stilla di energia fisica, con il Rosario in mano e il Vangelo sulle labbra, a dimostrazione di come sia davvero il vescovo centrale dell’intera storia della diocesi di Rieti».

Il professor Aldo Gorini dell’Università di Genova ha, poi, spaziato nel panorama di inizio secolo XX, caratterizzato da un massiccio fenomeno migratorio: «Dal 1899 al 1913 otto milioni di italiani si imbarcarono per le Americhe cercando un nuovo stile di vita, per sostenere a distanza famiglie indigenti, al limite della sopravvivenza. Ebbene la Chiesa di Leone XIII e di san Pio X comprese subito questo fenomeno e si aprì a una più accentuata e diversa azione missionaria al fianco di questi emigranti. Un modo nuovo che lo Scalabrini comprese tra i primi: un impegno cattolico verso le migrazioni e, al contempo, una nuova sensibilità al sociale – ha affermato lo studioso – consolidatosi definitivamente nel 1919, grazie alla enciclica Maximum illud. In tale contesto, Padre Massimo Rinaldi assurge a forte testimone di questa spinta missionaria e accanto a lui, missionario di San Carlo autentico, si staglieranno altrettante figure che attuano questa attenzione al sociale, da don Giuseppe Luraghi a Geremia Bonomelli, a santa Francesco Saverio Cabrini, passando precedentemente per don Luigi Pavoni, san Vincenzo Pallotti e per lo stesso don Bosco.  L’attenzione verso i migranti da parte di tali protagonisti dell’azione in favore di essi –  ha concluso Gorini – fu solo una delle manifestazioni di quella fede, di quella spiritualità, di quella intraprendenza, di quella forza di volontà, di quello spirito di sacrificio che animarono questi protagonisti stessi e che si palesarono pure negli svariati altri campi del loro operare. Significativi, in questo senso, sono, ancor oggi, proprio gli esempi dello Scalabrini e di padre Massimo Rinaldi, figure che evidentemente non si esauriscono nella cura per gli emigranti».

A concludere l’intenso programma, due comunicazioni. Quella della professoressa Ileana Tozzi sul ministero di Massimo Rinaldi quale parroco di Ornaro e Greccio dal 1893 al 1897: «Le esperienze forti a Ornaro e Greccio forgiarono Massimo Rinaldi verso l’attenzione ai deboli del suo tempo. Povertà e miseria, infatti, si intrecciavano quotidianamente nel vissuto di uomini e donne di questi due paesi: egli avvertì subito come la sollicitudo della Chiesa di Roma non potesse rendersi manifesta se non con una prossimità non certo di facciata ma camminando fianco a fianco di ognuno».

Al dottor Luciano Tribiani il compito di tracciare il panorama del fenomeno migratorio a Rieti e provincia tra la fine del XIX e gli inizi del XX secolo: «Tanti furono i residenti nell’allora Circondario di Rieti a scegliere la strada dell’emigrazione, in un contesto di povertà estrema che sarà superata gradualmente, grazie ai nuovi insediamenti industriali degli anni venti. Il Brasile fu la terra d’arrivo che conquistò la gran parte degli emigranti di Rieti e provincia. A quella terra lontana guardò Padre Massimo Rinaldi nello scegliere il Rio Grande do Sul per la sua esperienza di missionario scalabriniano. E, in previsione dell’80° anniversario della nascita al cielo del Rinaldi, che cadrà nel 2021, chissà che non si possa riproporre ai giorni nostri un gemellaggio tra la città di Rieti e la città di Encantado o di Nuova Bassano nel Rio Grande do Sul. Lavorarci in questa prospettiva costerebbe nulla».

A latere degli apprezzati interventi, la bella testimonianza del vescovo Domenico Pompili, ottavo successore del Rinaldi sulla cattedra di san Prosdocimo, il quale ha ribadito l’attualità del ministero e dell’opera di Massimo Rinaldi al servizio della diocesi e della sua gente: prova ne sia il giudizio unanime positivo con cui se ne dichiarò la venerabilità nel 2005, a conferma di un percorso di vita intriso di una evangelicità missionaria a dir poco autentica. Dal canto suo, il sindaco di Rieti, Antonio Cicchetti, prendendo lo spunto dalla visita del Rinaldi alla municipalità di Rieti del giugno 1936, ha ripercorso la memoria fulgida del suo ministero episcopale, rammentando e contestualizzando il giudizio positivo ed entusiasta che del Rinaldi dettero le autorità comunali dell’epoca, dal federale Giovanni Torda ai podestà Alberto Mario Marcucci e Alfredo Iacoboni.