Manring: tanto fumo e poco arrosto

Una performance interessante quella di Micheal Manring a Rieti. Nel freddo giorno dell’Immacolata Concezione il bassista si è esibito nei locali ben riscaldati della biblioteca di largo San Giorgio, di fronte ad un pubblico attento e curioso.

Manring non ha deluso le aspettative: ha dato vita ad una performance poliedrica. Lo strumentista, dotato di una tecnica prodigiosa, grazie anche all’aiuto di una serie di effetti controllati da pedali, e di meccaniche particolari che permettono di cambiare “al volo” le accordature, ha mostrato quanto il basso elettrico disponga di un vocabolario sonoro molto ampio e tutto da esplorare.

Il pubblico ha visto percuotere, scuotere, carezzare, pizzicare, “slappare” le corde e il corpo dei bassi elettrici: una serie di gesti esecutivi che all’ascolto hanno dato vita ad un mondo sonoro fatto di ostinati ritmici e soundscapes, sempre cangianti, talvolta molto complessi, ma sempre piacevoli e melodiosi.

La performance è stata quella di una sorta di one-man-band, sicuramente di grande talento, ma forse un po’ troppo compiaciuto delle proprie possibilità.

Certamente si prova stupore e ammirazione per la capacità esecutiva del bassista americano, ma alla indubbia qualità esecutiva non è sembrata corrispondere una musica memorabile. Un po’ come se, per comunicare al pubblico la propria bravura, Manring non fosse riuscito a dire nient’altro.

In questo senso ha ben scelto il titolo del suo ultimo lavoro: quelli del bassista americano sono per l’appunto dei soliloqui con il proprio talento. Cose che, come tutte le proposte autoreferenziali, a conti fatti lasciano il tempo che trovano. Non è detto, infatti, che un’ampia disponibilità di mezzi sia sufficiente a garantire la buona qualità dei fini.