C’erano i confratelli sacerdoti e i vescovi emeriti Delio Lucarelli e Lorenzo Chiarinelli, che concelebravano con monsignor Domenico Pompili, i familiari e altri fedeli a pregare per l’anima di don Mauro Mannetti, nella celebrazione delle esequie svoltasi sabato mattina nella chiesa di San Domenico.
Il suono del Dom Bedos ha così accompagnato il canto della Messa da Requiem con cui la comunità ecclesiale ha affidato a Dio l’anima di questo sacerdote spentosi alla veneranda età di 94 anni.
A ispirare il pensiero del vescovo Domenico, nell’omelia della celebrazione eucaristica di suffragio, le letture della festa della Natività di Maria che ricorreva in tale giorno.
A partire dalle parole di san Paolo “Noi sappiamo che tutto concorre al bene, per quelli che amano Dio ”: parole con cui l’Apostolo, ha detto il vescovo, «riscatta la nostra esistenza da quel senso di insensatezza che ci è insopportabile. Il pensare che la vita sia un succedersi casuale di avvenimenti, peraltro il più delle volte faticosi e disagevoli, ci è di sconforto. Ma la casualità è soltanto il travestimento assunto da Dio che vuole passeggiare in incognito per le strade del mondo».
E così una «casuale sequenza di avvenimenti ed incontri» appare la vita di don Mauro, ha detto Pompili, ricordando la sua vocazione inizialmente francescana: era infatti cappuccino, e col nome di padre Agostino visse alcuni anni nel convento reatino di San Mauro, servendo come parroco la parrocchia di Casette (la chiesa del paese conserva ancora dei candelabri da lui donati).
Passato poi al clero diocesano, fu attivo per anni nella conca amatriciana, nelle parrocchie di San Lorenzo a Flaviano, Torrita e poi anche nella frazione accumolese Terracino, ha ricordato il vescovo, non senza citare l’impegno nei Cursillos e infine gli anni in Cattedrale come canonico.
«A prima vista, solo un accostamento occasionale di situazioni, ma la personalità schietta e netta di don Mauro ha reso tutto questo un percorso lineare, segnato dalla sua fede in Dio, di cui sin da bambino aveva colto la chiamata».
La genealogia di Gesù, richiamata nel brano evangelico di Matteo nel giorno in cui si celebra la nascita di Maria, ci fa vedere in lei, ha detto ancora il vescovo, «il terminale di questa lunga marcia di avvicinamento che racchiude in sé il senso dell’attesa e del compimento. Far memoria di Colei che ha generato l’autore della vita significa, in fondo, riscoprire che questo e non altro è il compito di ogni cristiano: nascere all’incontro con Dio attraverso le vicende liete e meno liete».
Un altro pensiero suggerito in riferimento a don Mauro, che «era parco di parole e nell’ultimo periodo era ancor più taciturno. Tuttavia ha sempre creduto che nella sua esistenza ci fosse un ‘regista’ invisibile. Era convinto che Dio ci conosce come nessun altro e quando seguiamo le sue indicazioni ci si ritrova con le idee più chiare, sperimentiamo la libertà».
Con quella fede risoluta e poggiata su salde basi di cui don Mannetti, testimonia chi lo ha conosciuto, ha sempre saputo rendere ragione e nella quale ha accompagnato il cammino di tanti.