L’ultima pellicola di Cristian Mungiu: “Un padre, una figlia” / VIDEO

L’ultima pellicola di  Cristian Mungiu, giovane autore emergente

Romeo Aldea è un medico che vive in una piccola città di montagna in Transilvania, ha una moglie, con cui ormai non dorme più insieme, e con la quale aveva condiviso il sogno di poter cambiare la Romania dopo il crollo del comunismo. Sconfitto sia sul piano matrimoniale che su quello della “rivoluzione” per il suo Paese, il dottore ha una sola speranza: la figlia Eliza, che ha cresciuto con l’idea che al compimento del diciottesimo anno di età lascerà la Romania per andare a studiare all’estero e avere tutte quelle opportunità che lui e la moglie non hanno potuto avere. Il suo progetto sta per giungere a compimento: Eliza ha ottenuto una borsa di studio per frequentare una Facoltà di psicologia in Gran Bretagna. Le resta solo da superare l’esame di maturità, una mera formalità per una studentessa modello come lei. Ma il giorno prima degli esami scritti, Eliza subisce un’aggressione che mette a rischio la sua partenza. Adesso Romeo è costretto a prendere una decisione. Ci sono diversi modi per risolvere il problema, ma nessuno di questi contempla l’applicazione di quei principi che, in quanto padre, ha insegnato a sua figlia.
Cristian Mungiu è uno dei giovani autori contemporanei più considerati, viene dalla Romania, e “Un padre, una figlia” ha vinto il premio per la miglior regia all’ultimo Festival di Cannes. Mungiu si è fatto conoscere al pubblico occidentale con “4 mesi, 3 settimane, 2 giorni”, la tragica storia di un aborto clandestino durante la dittatura di Ceausescu, vincitrice del primo per il miglior film al Festival di Cannes. Poi con “Oltre le colline” ha consolidato la sua fama, raccontando una vicenda realmente accaduta nel 2005 quando, nel convento della Santa Trinità di Tanaco, nella Romania orientale, una suora di nome Irina di 23 anni fu crocifissa e lasciata morire perché creduta posseduta dal demonio. Anche questa pellicola vinse un premio al Festival di Cannes, per la migliore interpretazione femminile. Due titoli che, in linea con una certa tendenza dei Festival (soprattutto quello francese di Cannes), sembra prediligere, purtroppo molto spesso, tematiche che vanno contro la morale cattolica e soprattutto la religione. Oggi con “Un padre, una figlia” Mungiu sembra però cambiare direzione. Da una parte, infatti, ripropone il suo cinema fatto di inquadrature statiche e lunghe, piani sequenza infiniti sui suoi personaggi, realismo dei dettagli e delle situazioni. E torna a parlare della Romania, descrivendone le miserie sociali, culturali, politiche e morali, nonostante i cambiamenti degli ultimi quarant’anni. Dall’altra parte, però, cambia la prospettiva, l’etica che sottende al film. Al centro del racconto, infatti, troviamo l’importanza delle scelte etiche che si compiono nella vita, l’attenzione sulla necessità di ricentrare le proprie vite attorno a una morale ben definita. La pellicola riesce a raccontare tante cose: un matrimonio in crisi, il contrasto generazionale, la pervasiva forza del compromesso, la corrosa Romania postcomunista e un protagonista che rispecchia in tutte le sfumature di grigio la fragile complessità della natura umana. Con uno sguardo che lascia aperta anche una porta alla speranza: nelle nuove generazione che, come la figlia del protagonista, sono e saranno migliori, forse, di noi, capaci di non scendere a compromessi con la propria morale.