Giugno Antoniano

Lo stile del confratello è servizio, cordialità e amore per il Signore

Celebrato in Sant'Agostino, in occasione del Giugno Antoniano, un momento particolarmente dedicato alle confraternite e alle pie unioni alla presenza di don Franco Ponchia, delegato per il Lazio della Confederazione Confraternite delle Diocesi d’Italia

È stata anche un’occasione per riflettere con semplicità su cosa voglia dire essere confratelli, cioè impegnati in una confraternita o in una pia unione, la Messa presieduta dal don Franco Ponchia, delegato per il Lazio della Confederazione Confraternite delle Diocesi d’Italia, nella basilica di Sant’Agostino in occasione del Giugno Antoniano. Domenica 26 è stata infatti quella che il programma dei festeggiamenti ha dedicato questo particolare modo di stare nella Chiesa ed essere cristiani.

«Noi veniamo a Messa, non per soddisfare un precetto – ha spiegato con uno stile semplice e colloquiale don Franco – ma spinti dall’amore, per tornare fuori e agire come l’amore che è in Gesù. Ci riusciremo? Vi dico subito di no! Da soli mai, con lo spirito del Signore sempre».

Ponchia ha paragonato i confratelli agli apostoli che accompagnano Gesù preparandogli la strada verso Gerusalemme, sottolineandone tanto l’amore quanto i difetti e l’irruenza. La pagina di Luca mostra infatti Giacomo e Giovanni preda dello spirito di vendetta davanti a un villaggio dei Samaritani che rifiuta di ricevere Gesù. E il rimprovero del Maestro emerge come una guida nello scegliere tra il bene e il male, tra fare la cosa giusta e quella sbagliata. Il punto sta nel riconoscere da «quale spirito si viene animati», se abbiamo nel cuore la vendetta e l’idea che sono sempre gli altri a sbagliare, o se piuttosto siamo capaci di assumere lo spirito della cordialità.

Il secondo, ovviamente, è quello consono ai confratelli, insieme a quello del servizio: «Non siamo i migliori, siamo come tutti che un po’ fanno bene, un po’ fanno male, ma abbiamo la voglia di stare nel campo del Signore, di lasciarci sorreggere da lui, che ha il nome di ciascuno di noi inciso sulla sua mano».