Forse serviva davvero in questa città un centro culturale se la comunità tutta è costretta a subire richiami filosofici e riferimenti “colti” citati in modo talmente sconclusionato ed improprio da far rabbrividire i professori dei nostri licei. Platone infatti fa dire a Socrate nella sua apologia: «Ho un’ultima lezione da dare: essi mi devono uccidere perché sappiano quello che hanno fatto. La città dovrà affrontare la propria colpevolezza».
Al di là del caso edilizio, delle presunte responsabilità di un committente e di alcuni progettisti, all’esattezza formale di un iter burocratico, che tanto sembrano interessare i più, quello che maggiormente risalta è la miopia di alcuni sulla sostanza dell’intervento che, purtroppo, questo si, non ha permesso di comprendere, e se possibile anche evitare, che ancora un’altra occasione, tanto importante quanto necessaria, svanisca sotto gli occhi di tutti.
Socrate accetta anche la propria morte, pur ingiustamente condannato, perché i suoi accusatori si coprissero dell’infamia della sua condanna che al contrario, fuggendo, sarebbe ricaduta su di lui. Il suo sacrificio serve quindi a ristabilire il buon senso e comunque un equilibrio che abbia come perno il bene comune garantito dalla giusta applicazione delle leggi. Se una norma infatti é male applicata o male interpretata, a pagarne è una intera collettività sotto forma di perdita di possibilità. Solo questo insegna Socrate. Il resto è ignoranza grave.
Il caso S. Giorgio, in questi giorni tornato all’attenzione della cronaca, pone una domanda cui la società civile e la politica non possono non rispondere. Un centro culturale che anima la vita e sollecita la crescita di una comunità è una ricchezza? Nel tal caso quindi è da ricercare. Oppure viceversa è una attività inadeguta in un centro storico? Io prima come cittadino ma anche come rappresentante politico, non ho dubbi: la città deve recuperare gli spazi interni per rilanciare la propria economia e tornare ad abitare la propria identità. Non a caso la parola stessa “economia” nasconde due importanti radici: oikos-casa, nomos-norma.
Ma nomos vuol dire anche “limite” cioè quello della razionalità entro cui va riportato l’oggetto oggi del dibattere se vogliamo tutti sentirci a casa. Un rilancio vero del centro storico non può che trascorrere attraverso la ridefinizione di questa come di altre contese aperte, entro i limiti della logica, e deve transitare attraverso una crescita culturale… ne sono sempre stato certo, ma oggi, dati i miseri commenti apparsi sul web, ancora di piú.
Il bene comune e l’interesse pubblico, rispetto al tentativo di realizzare un polo culturale ad ampio respiro, quale è? Garantire che quei locali siano nella disponibilità gratuita della comunità oppure richiedere il ripristino di opifici e fabbriche di mattonelle? E soprattutto, in questo secondo caso, quale sarebbe la pubblica utilità o il risvolto economico? Nel merito tecnico non saremo certo chiamati noi politici che ricopriamo ruoli di rappresentanza a doverci esprimere, ma ad esempio io credo sia serio, e in questo di non essere solo, auspicare a breve una giusta conclusione della vicenda.
Lei, Assessore, deve sentirsi così sicuro della “giusta conclusione della vicenda giudiziaria” da destare l’impressione di conoscere già il risultato. E questo sarebbe quantomeno bizzarro e preoccupante. In genere le ingerenze di chi amministra verso le vicende giudiziarie sarebbero sempre da evitare…o questo vale solo per Berlusconi?