La prima carità è insegnare a pregare

Suor Cristina Cruciani

Una presenza importante, quella che ha arricchito l’incontro formativo quaresimale programmato dalla vicaria del centro storico: per parlare della spiritualità liturgica, le parrocchie della vicaria – che, per volontà precisa del vescovo, operano sempre più in direzione di una vera unità pastorale – hanno voluto invitare suor Cristina Cruciani, nome importante nel settore della pastorale liturgica anche come caporedattore della rivista «La vita in Cristo e nella Chiesa». Appartenente alla congregazione delle Pie Discepole del Divin Maestro (quella che, nell’ambito della variegata Famiglia paolina, il beato don Alberione volle proprio dotata del carisma dell’apostolato liturgico), suor Cristina ha animato l’incontro rivolto agli operatori pastorali e a tutti i fedeli interessati, svoltosi a S. Michele Arcangelo.

La religiosa ha iniziato ricordando come, nell’ambito della formazione alla fede, la prima carità consiste nell’insegnare a pregare: una cosa in cui non si nasce “imparati”, ma alla quale educarsi gradualmente. Ecco dunque il dovere di ciascuna comunità parrocchiale di diventare, per tutti i suoi membri, dai più piccoli ai più anziani, una vera scuola di preghiera.

Una scuola, ha spiegato la relatrice, in cui si impari innanzitutto ad amare il Signore, a celebrare bene, favorendo una partecipazione sentita, consapevole, gioiosa alla preghiera comune. Insomma, dove a pregare si impari pregando. Non è un insegnamento teorico: sin dall’inizio della storia cristiana, l’educazione alla preghiera ha costituito un impegno primario delle comunità dei discepoli di Cristo, sulla scorta della preesistente esperienza della preghiera comune ebraica e della “scuola” delle sinagoghe. Uno stile orante che attinge le sue fonti alla Bibbia, in particolare il libro dei Salmi, e alla Tradizione patristica. Oltre ala Scrittura, “libri di testo” essenziali per imparare a pregare sono i libri liturgici, dal Messale ai diversi Rituali, oltre naturalmente il Breviario.

La recita comune delle Ore dell’Ufficio divino è una riscoperta del Concilio da valorizzare: non più riservata solo al clero e ai religiosi, la possibilità di celebrare insieme almeno le Lodi e i Vespri costituisce una ricchezza che ogni parrocchia dovrebbe saper offrire. Altrettanto importante la lectio divina, che aiuta a trasformare la parola di Dio in preghiera e vita. Ma non va assolutamente dimenticato, ha concluso la religiosa, l’esperienza della preghiera personale: quel “pregare sempre senza stancarsi” che aiuta a vivere ogni aspetto dell’esistenza nell’amore di Dio, facendo gustare la sua bellezza e la sua misericordia.

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