Televisione

La nuova tivù arriva dall’Africa

Dorothy Gettuba, responsabile delle serie originali africane di Netflix, anticipa le novità visibili anche in Italia. «Storie di spie, studenti e artiste Raccontiamo la vitalità del nostro continente»

Storie di donne nigeriane sfruttate dalla tratta del sesso con l’Europa, giovani studenti di Città del Capo che devono lottare con i pregiudizi razziali, affascinanti spie sudafricane che indagano sui loschi affari della politica. L’Africa rialza la testa e si racconta al mondo attraverso cinema e serie tv. Non c’è infatti solo Hollywood a riempire di contenuti spettacolari le nuove piattaforme, ma l’era della globalizzazione del web sta dando anche l’opportunità a cinematografie lontane di farsi conoscere sui nostri schermi. E’ il caso delle produzioni di Netflix Africa, che copre tutti i Paesi del continente e che stanno cominciando anche ad arrivare sugli schermi internazionali, Italia compresa.

«E’ arrivato il momento per l’Africa di rappresentare se stessa e ne siamo entusiasti » racconta in esclusiva Dorothy Gettuba, responsabile delle serie originali africane all’interno di Netflix, anticipando ad Avvenire i contenuti e le strategia del settore africano del colosso americano. Nata e cresciuta in Kenya, oggi la signora Gettuba nel maggio 2019 è stata nominata dal presidente keniota Uhuru Kenyatta a capo della Kenya Film Commission per tre anni, per sviluppare l’industria cinematografica e televisiva locale. Dorothy è anche fondatrice e ceo di Spielworks Media, una società di produzione africana con sede a Nairobi creata nel 2009. «Sono molto orgogliosa di parlare dell’industria cinematografica africana. La Nigeria produce duemila film all’anno in quella che viene chiamata Nollywood, e Netflix ha iniziato a coprodurre con loro – aggiunge –. Il Sudafrica è noto anche agli stranieri per le produzioni di alta qualità. La cinematografia africana sta crescendo e noi di Netflix siamo orgogliosi di fare parte di questo processo». Finalmente il continente africano può fare sentire la sua voce: «Le storie africane da molto tempo sono state raccontate dall’esterno, da terre lontane, ma ora siamo capaci di raccontarle dal nostro punto di vista. L’Africa è sempre stata dipinta solo come un Paese di povertà e sofferenza, ma noi invece incoraggiamo i creativi africani a condividere con il mondo ciò che loro amano del-l’Africa: cose uniche su moda, musica, architettura, come le persone vivono e come interagiscono. Vogliamo storie vere e autentiche. E constatiamo che più una storia è specifica sull’Africa, più il resto del mondo la apprezzerà».

Riscontri molto positivi, infatti, sono arrivati a livello internazionale per due serie originali di Netflix Africa, visibili anche in Italia. Queen Sono, la prima serie originale africana prodotta da Netflix e completamente prodotta in Sudafrica. Protagonista la spia Sudafricana Queen Sono (interpretata da Pearl Thusi), che finisce in una losca rete in cui affari e politica si mescolano quando cerca di scoprire la verità sulla morte della madre. Sempre visibile su Netflix in Italia è Blood & Water, la seconda serie originale africana prodotta da Netflix, proveniente sempre dal Sudafrica: un’adolescente di Città del Capo cerca di scoprire se la stella del nuoto di una scuola privata è sua sorella, rapita alla nascita. Lo scorso 2 ottobre è stato lanciato un film nigeriano, Òlòturé diretto da Kenneth Gyang, una pellicola molto cruda tratta da una vera inchiesta giornalistica, ambientata a Lagos in Nigeria: è la storia di una giovane giornalista che si prostituisce sotto copertura per smascherare un giro di traffico di esseri umani. Si trova davanti a un mondo di donne sfruttate e a una violenza spietata.

Usciranno entro fine 2020: la serie How to Ruin Christmas: The Wedding (Come rovinare il Natale: il matrimonio), una commedia romantica sudafricana in 3 parti che parla di una famiglia disfunzionale e allo stesso tempo dà uno spaccato delle tensioni sociali all’interno della comunità nera. Da domani arriva su Netflix il film Citation diretto da Kunle Afolayan, che ha come protagonista “Moremi”, una brillante giovane studentessa universitaria molestata dal suo potente professore. Molte le serie e i film in fase di produzione. Mama K’s Team 4 è la prima serie animata originale africana prodotta dai Triggerfish Animation Studios di Cape Town insieme alla londinese Cake. Racconta la storia di quattro ragazze adolescenti che vivono nella neofuturista città africana di Lusaka, Zambia, reclutate da un agente segreto in pensio- ne impegnato a salvare il mondo. Jiva! è una serie sudafricana divertente e piena di energia che racconta la vita della talentuosa ballerina di strada Ntombi che trova nella danza la via di fuga dal quartiere popolare di Durban in cui vive. The Secret Lives of Baba Segi’s Wives è una produzione dell’acclamata produttrice nigeriana Mo Abudu, basata sul best seller dell’ autrice contemporanea Lola Shoneyin.

Death And The King’s Horsemanè invece l’adattamento a film di un’opera teatrale di Wole Soyinka, Premio Nobel per la Letteratura nel 1986. In lavorazione, inoltre, una serie nigeriana che segue la storia di Ishaya, una carismatica e talentuosa teenager nata in una famiglia povera che, grazie ad una prestigiosa borsa di studio per la scuola più esclusiva del paese si ritrova nel lussuoso mondo della Nigeria, di cui fa parte solo l’1% della popolazione, il tutto mentre un enorme segreto minaccia la sicurezza della sua famiglia. Infine King of Boys II (che verrà lanciato in tutto il mondo nella prima metà del 2021) è il seguito del thriller poliziesco del 2018 della regista Kemi Adetiba, in cui una donna d’affari nigeriana viene coinvolta da un boss del crimine in una lotta di potere, che minaccia tutto ciò che le è caro. Insomma, tutte queste storie, ne è convinta Dorothy Gettuba, posso contribuire a fare conoscere meglio l’Africa «superando la barriera del razzismo, perché coinvolgenti al di là della propria nazionalità. Questo è il potere dello “storytelling” che oltre a intrattenere può anche dare una prospettiva diversa». Anche per quello che riguarda il ruolo delle donne. «Le voci delle donne sono state emarginate o messe a tacere per troppo tempo, ecco perché sono entusiasta di lavorare con le donne sia davanti sia dietro la telecamera. Stiamo lavorando con donne creative per dare loro l’opportunità di raccontare le loro storie».

da avvenire.it