La morte nera

Da terribile pandemia a prezioso aiuto per la scienza.

«Le campane non suonavano più e nessuno piangeva. L’unica cosa che si faceva era aspettare la morte, chi, ormai pazzo, guardando fisso nel vuoto, chi sgranando il rosario, altri abbandonandosi ai vizi peggiori. Molti dicevano: “È la fine del mondo!”». Queste poche righe sono tratte dalle annotazioni di un cronista svedese che descrisse ciò che si poteva vedere nelle città europee del XIV secolo, tra il 1347 ed il 1353, quando si diffuse una delle più violente epidemie di peste della storia, durante la quale morì un terzo della popolazione, circa cento milioni di persone. Il nome, peste nera, si deve proprio a giornalisti danesi e svedesi, che cominciarono a chiamarla in questo modo poichè atterriti dalla violenza di questa malattia.

Ad oggi le pestilenze sono ancora presenti, soprattutto in alcune parti del mondo, causando circa 2000 morti ogni anno. Recenti studi hanno dimostrato che il batterio attualmente causa di peste, Yersinia pestis, è praticamente lo stesso che causò l’epidemia di quasi 700 anni fa.

Alcuni ricercatori hanno riesumato cinque scheletri di abitanti di Londra morti di peste tra il 1348 e il 1350, seppelliti nelle antiche fosse comuni di East Smithfield, create proprio per accogliere le vittime della “morte nera”. Dalla loro polpa dentale gli scienziati sono risaliti al dna del batterio della peste e sono così riusciti a completarne il genoma, arrivando alla conclusione che non sia così diverso da quello odierno.

Grazie ad una tecnica innovativa che permetterà d’ora in poi di studiare il genoma dei microrganismi patogeni del passato, i ricercatori sono riusciti per la prima volta a ricomporre il Dna del batterio medievale di Yersinia pestis e quindi a ricostruire la sua evoluzione nei secoli. I dati del Dna dimostrano che questo ceppo batterico è l’antenato di tutte le pestilenze presenti oggi nel mondo ed ogni scoppio di infezione deriva da un discendente della peste medievale.

Sulla base dei loro studi i ricercatori hanno anche compreso che la peste medievale era di un ceppo diverso rispetto a quella cosiddetta “Peste di Giustiniano”, che nell’impero romano d’Oriente, nel sesto secolo dopo Cristo, causò la morte, secondo gli storici, di circa 50 milioni di persone.

Questo spiegherebbe perché nel 1300 non si conservava tra la popolazione la “memoria immunitaria” della peste che aveva mietuto milioni di vittime 700 anni prima.

Il confronto genetico dell’esemplare medievale con le forme moderne suggerisce anche che fattori differenti rispetto al dna microbico, come l’ambiente, le dinamiche dei vettori e la suscettibilità dell’organismo ospite, abbiamo un ruolo importante nell’arrivo delle infezioni di Yersinia pestis.