La giovinezza e la verità

Dopo l’Oscar, Sorrentino conferma lo stile de “La Grande Bellezza”. “Youth. La Giovinezza”, presentato al Festival di Cannes, ha infatti la stessa struttura del film precedente, con le storie principali punteggiate da episodi minori. Un affresco.

A cambiare radicalmente è l’ambientazione. Maestose montagne svizzere, un centro benessere di lusso e la sua eterogenea clientela. Ma oltre alle stranezze calcolate, firma del regista, ci sono mille colori, suoni e forme diverse. Un esempio su tutti è la colonna sonora: tanti generi musicali lontanissimi tra loro che si adattano perfettamente alle situazioni.

Multiformi sono anche i protagonisti, uno dei quali è la verità. E si perché la giovinezza del titolo, o meglio le varie giovinezze rappresentate, si distinguono proprio da una sfacciata sincerità. Bambini, ragazzi, adulti e vecchi sono “giovani” in quanto dicono le cose come stanno e si comportano di conseguenza.

La verità, poi, è detta e raccontata con crudezza. Crudezza che però non cede mai il passo alla crudeltà. Sentimenti ed emozioni vengono esposti chiaramente, non sempre in modo del tutto consapevole, ma con grande forza. E la chiave di lettura sta proprio in una di queste “confessioni”, dove il desiderio si dimostra il valore più importante, contro l’orrore e le altre perdite di tempo.

Altra protagonista è la memoria. I suoi scherzi, assenze e possibilità incontrollabili. A volte prende la forma dell’ancora di salvezza, altre diventa una cattiva compagna di vita. Ciò soprattutto in età avanzata, come dimostrano i due personaggi principali.

E si potrebbe dire molto dei personaggi. Complessi e mai completamente definiti. Comunque capaci di sorprendere, non soltanto per i colpi di scena. Ma descriverli rovinerebbe il film a chi non lo ha visto e poi, come dice uno di loro, “non esagerare con la verità!”.